“Cosa diranno i ‘no brain’ contrari al progresso e alla tecnologia vaccinale a Dna/Rna” sul vaccino sperimentale contro il cancro alla mammella? Lo chiede su Facebook il direttore della clinica di Malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova, Matteo Bassetti. Il medico si domanda se, anche in questo caso, i no vax “preferiranno non raccomandarlo perché è meglio fare la malattia? Diranno ‘gli altri vaccini (che non ci sono) sì, ma questi no…”. E chiosa: “Socrate diceva: ‘Esiste un solo bene, la conoscenza, e un solo male, l’ignoranza’”. Nel post, Bassetti si augura che il vaccino a Dna messo a punto dai ricercatori della Washington University di Seattle, con un meccanismo “molto simile ai vaccini a Rna che usiamo per il covid, possa essere presto studiato in grandi trial internazionali e dimostri di funzionare”.
Nuove speranze per la lotta contro il tumore al seno. Un vaccino sperimentale, infatti, ha appena superato a pieni voti i primi trial di fase 1 sull’essere umano, dimostrandosi così “molto sicuro” nel generare una forte risposta immunitaria antitumorale. A raccontarlo è un nuovo studio appena pubblicato su Jama Oncology dai ricercatori della University of Washington School of Medicine che suggeriscono come il vaccino sperimentale possa essere utilizzato per trattare diversi tipi di tumore al seno e i loro risultati possano aprire la strada a uno studio clinico di fase 2 ancora più ampio per testarne l’efficacia.
La sovrapproduzione di Her2, tuttavia, innesca anche una reazione immunitaria che può essere benefica: le pazienti che sviluppano un tipo di risposta immunitaria chiamata immunità citotossica, infatti, hanno meno probabilità di recidivare dopo il trattamento e hanno una sopravvivenza più lunga. Per stimolare questa reazione immunitaria, i ricercatori hanno progettato un vaccino a dna che contiene le istruzioni per una parte dell’Her2 nota per provocare risposte immunitaria citotossiche più forti. A differenza di quelli proteici, che appunto contengono una parte o tutta la proteina che si vuole far prendere di mira dal sistema immunitario, i vaccini a dna contengono le istruzioni del dna per la proteina bersaglio. Una volta iniettato, il dna viene assorbito dalle cellule che iniziano a produrre la proteina codificata nelle istruzioni e successivamente la presentano al sistema immunitario per generare così una risposta immunitaria citotossica.
Allo studio hanno partecipato 66 donne che avevano un tumore al seno metastatico, avevano completato un ciclo di terapia standard e avevano raggiunto una remissione completa. Una volta suddivise in tre gruppi, tutte le pazienti hanno ricevuto tre iniezioni: al primo gruppo è stato somministrato un basso dosaggio del vaccino, al secondo una dose intermedia e al terzo un dosaggio elevato. Le partecipanti sono state poi monitorate con un follow-up medio di quasi 10 anni per osservare che il vaccino non innescasse una risposta autoimmune contro altri tessuti sani. “I risultati hanno mostrato che il vaccino era molto sicuro”, commentano gli autori. “Gli effetti collaterali più comuni che abbiamo visto in circa la metà dei pazienti erano molto simili a quelli che si vedono con i vaccini Covid: arrossamento e gonfiore al sito di iniezione e forse un po’ di febbre, brividi e sintomi simil-influenzali”.
Il vaccino, inoltre, ha generato la risposta immunitaria citotossica desiderata senza innescare gravi effetti collaterali (con una risposta più forte nei pazienti che hanno ricevuto la dose media) e, sebbene lo studio non sia stato progettato per analizzare l’efficacia del vaccino, i ricercatori hanno notato che i risultati sono molto promettenti, soprattutto se si pensa che solo il 50% circa dei pazienti con carcinoma mammario Her2 avanzato riesce a sopravvivere per più di cinque anni. “Ora seguiamo queste donne da dieci anni e l’80% di loro è ancora vivo”, concludono i ricercatori.
Fonte Wired