Sale la richiesta di latte ma per gli allevatori c’è il rischio di non farcela e “serve adeguata remunerazione per salvare la filiera italiana e non chiudere le stalle”.

Balzo di quasi il 13% per il prezzo del latte spot alla stalla in Italia nel 2021 trainato da una domanda in crescita per forniture fuori dai contratti annuali. È quanto emerge da un’analisi di Coldiretti sulle quotazioni del latte spot in Italia, che ad agosto rispetto allo stesso periodo dello scorso anno è in crescita con un picco di 41,24 centesimi al litro, con un andamento positivo che coinvolge anche burro e formaggi.

“A fronte di questi risultati è necessario che nei contratti di fornitura fra le industrie di trasformazione e gli allevatori siano concordati prezzi del latte alla stalla più alti che seguano il trend del mercato – commenta il presidente provinciale di Coldiretti Vicenza, Martino Cerantola – con i rincari delle materie prime alla base dell’alimentazione degli animali è fondamentale assicurare la sostenibilità finanziaria degli allevamenti sottraendoli al rischio di chiusura a causa di prezzi sotto i costi di produzione”.

“Un’adeguata remunerazione del lavoro degli allevatori – aggiunge Cerantola – è condizione imprescindibile per mettere al sicuro tutta la filiera e continuare a garantire ai consumatori prodotti sicuri e di qualità che sostengono l’economia, il lavoro e i territori italiani. Perché quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere, spesso da intere generazioni, lo spopolamento e il degrado”.

La produzione italiana di latte supera 12 milioni di tonnellate, di cui oltre il 40% destinato ai grandi formaggi Dop, come il Grana Padano che per le forme con 10 mesi di stagionatura alla Borsa di Mantova, ad agosto registra quotazioni in crescita del +15% rispetto allo scorso anno. Un trend rialzista che coinvolge anche il burro nazionale con valori che si sono impennati di quasi il 17% nell’ultimo mese rispetto al 2020 secondo dati Clal.

“L’aumento delle quotazioni – conclude Cerantola – conferma che l’allarme globale provocato dal Covid ha fatto emergere una maggior consapevolezza sul valore strategico rappresentato dal cibo e dalle necessarie garanzie di qualità e sicurezza ma anche le fragilità presenti in Italia sulle quali occorre intervenire per difendere la sovranità alimentare, ridurre la dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento in un momento di grandi tensioni internazionali e creare nuovi posti di lavoro”.

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