Una vita da mattatrice del piccolo schermo, ora fa il suo debutto al cinema: nelle sale arriva ‘Raffa’, dal 6 al 12 luglio con Nexo Digital e prossimamente su Disney+. Diretto da Daniele Luchetti, il docufilm arriva a 80 anni dalla nascita di una delle icone più amate della televisione italiana per ripercorrere la storia pubblica e privata di un mito che ha superato ogni barriera culturale e generazionale entrando nell’immaginario collettivo con la sua energia dirompente, le canzoni, la risata, i balli, l’iconico ombelico e il caschetto biondo che incorniciava quei grandi occhioni pieni di vita.
Scritto da Cristiana Farina (creatrice di ‘Mare Fuori’) con Carlo Altinier, Barbara Boncompagni, Totò Coppolino, Salvo Guercio, ‘Raffa’ (prodotto da Fremantle) è un racconto in ordine cronologico diviso in tre parti. Un rullino dei ricordi, nostri e quelli di Raffa. Tre ore intrise di luccicanza tra materiale d’archivio (scelto con accuratezza), alcuni momenti di fiction (significativi) e i contributi di Fiorello, dell’autore Salvo Guercio, Barbara Boncompagni (figlia di Gianni e autrice televisiva), Loretta Goggi, Marco Bellocchio, Renzo Arbore, Enzo Paolo Turchi. Ma anche le parole piene di amore e ammirazione di Tiziano Ferro, del regista Emanuele Crialese e dello stylist Nick Cerioni, che grazie alla Carrà hanno capito che non dovevano sentirsi sbagliati per la loro identità sessuale. E ancora, i ricordi dell’assistente e della tata d’infanzia della Carrà, della scrittrice Caterina Rita (meravigliosa guida del racconto) fino ad una emozionante apparizione di Sergio Japino (compagno di vita di ‘Raffa’).
‘Raffa’ si apre con la morte della Carrà, avvenuta il 5 luglio 2021 e annunciata in diverse lingue per sottolineare come questa show woman abbia avuto un’influenza anche ‘da Trieste in su’. Una professionista così amata che ha preferito affrontare il dolore per sé. La nostra ‘regina della televisione’ è andata via in silenzio ma continuare a ‘far rumore’.
Dalla fine della sua vita il docufilm torna agli inizi: l’infanzia a Bellaria, l’abbandono del padre (un dolore mai superato) e la ricerca di un posto nel mondo. “Mi ricordo quella sua frenesia nell’andare incontro alla felicità”, dice Gino Stacchini, primo fidanzato della ‘Raffa Nazionale’, nel suo contributo. Ed è proprio quella frenesia che ha spinto Raffaella Pelloni (questo il suo vero cognome) a fare la valigia per lasciare Bellaria alla volta di Roma. Con lei, l’inscalfibile mamma Iris. Ha iniziato a cercare la sua strada nel mondo della danza e poi nel cinema, precisamente al Centro Sperimentale, dove conosce Bellocchio. Per la giovane Pelloni, però, solo porte chiuse.
Ben presto è arrivata la tv, la conquista della Spagna post-franchista sulle note di ‘Fiesta’, le tournée in giro per il mondo, i successi nella musica e in televisione ma anche le cadute, le conquiste e la vita privata di una donna che si è fatta da sola e che ha raggiunto vette alte senza sconti. Sconti nemmeno da ‘Raffa’, che la racconta senza giudizi e con verità in tutte le sue sfaccettature, anche attraverso i difetti: come la mania del controllo e la sua rigidità. Il lavoro straordinario e degno della Carrà fatto sulla scelta del materiale e con il montaggio Luca Manes, Chiara Ronchini ed Emanuele Svezia restituisce allo spettatore non solo la professionista stacanovista che ha scritto pagine e pagine della storia della televisione ma anche Raffaella come icona che ha rivoluzionato il ruolo della donna sul piccolo schermo, prima del suo arrivo vista come ‘accessorio’ del conduttore. E non solo. La Carrà ha incarnato anche una rivoluzione sessuale: l’ombelico scoperto, che ha scandalizzato vertici Rai e l’Italia intera, e la canzone ‘Tuca Tuca’ accompagnata da una coreografia troppo audace per quel tempo. Una donna incredibile che ha esportato il pop italiano in tutto il mondo e una donna di potere nel lavoro e attraverso il suo corpo. Questo faceva paura. Probabilmente è stata la prima a guadagnare cifre, che non si possono nemmeno immaginare. Guadagni che hanno fatto storcere il naso a molti e per questo bersaglio di critiche e di campagne diffamatorie. Critiche durissime arrivate anche con il passaggio a Mediaset (che allora si chiamava Fininvest), come se per il pubblico lei dovesse essere solo la figlia ‘Mamma Rai’. Il corteggiamento di Berlusconi (che le ha fatto recapitare a casa un camion pieno di azalee), però, non è stato vincente. L’ennesima caduta per la Carrà, ormai anestetizzata dagli insuccessi. Sì, perché la sua voglia di spingersi oltre era più forte. Non per soldi. Ma per curiosità, per giocare e sfidare se stessa.
Gli anni sono corsi velocemente. Accanto a lei sempre i fedelissimi Gianni Boncompagni, autore televisivo ed ex compagno della Carrà, e Sergio Japino, ex ballerino e compagno di vita. Un trio che macinava senza sosta successi. Con ‘Pronto Raffaella’ si è aperto un nuovo capitolo della sua vita che l’ha vista nelle vesti di padrona di casa. Anche qui sempre un passo avanti a partire dal look. Paillettes e luccicanza in prime time. Riusciva a rendere abiti estrosi adatti per un programma delle 12. “Pronto Raffaella, quanti fagioli ci sono nel vaso?”. Un gioco per gli italiani che si è trasformato in uno sportello ascolto. Raffaella ha incarnato la speranza, la salvezza e la rassicurazione facendosi carico dei problemi degli italiani, che la chiamavano per un aiuto o un conforto. Sempre al fianco del suo pubblico anche nel 1978, durante il periodo del rapimento di Aldo Moro. Si è imposta per non far andare in onda le puntate registrate di ‘Ma che sera’ perché lo riteneva fuori luogo in un momento difficile per l’Italia. Lo show, però, è andato in onda e per questo è stato oggetto di polemiche “perché la Rai è servizio pubblico”, le è stato risposto. Polemiche per l’ombelico, per il suo potere (conquistato con sacrifici e dopo tanti fallimenti) e per la sua libertà di essere se stessa senza scendere a patti con niente e nessuno. Una libertà che canta anche nel brano ‘Luca’ e che ha ispirato – e continua a farlo – coloro che hanno combattuto e che combattono per essere se stessi con orgoglio. Non è un caso se la ‘Raffa’ sia diventata un’icona per la comunità LGBTQ+.
Non voleva che nessuno la baciasse (e questo resta ancora un mistero) e la spaventava essere considerata come un oggetto da venerare, ma la Carrà si dava completamente al pubblico. Non aveva paura di mostrare le sue fragilità: le lacrime a ‘Pronto Raffaella’ e la rabbia all’inizio di una puntata di ‘Domenica In’ per un articolo che la descriveva come una cattiva figlia. Lei è stata così generosa che con lo show ‘Carramba, che sorpresa!’, arrivato all’apice della sua carriera, ha ricongiunto le persone separate dalla vita. Nonostante non abbia avuto la guida e l’amore di un padre, è riuscita a restituire a chi ne aveva bisogno quel senso di unione. Raffaella era grande anche per questo. Non è stata la copia di nessuno. È stata tradizione e rivoluzione, inconsapevole femminista e italiana universale di tutti e per tutti. È stata erotismo e scandalo. Professionale e stacanovista, innovatrice, coraggiosa e padrona di se stessa e del suo corpo. È stata la Raffaella cantata da Tiziano Ferro ma anche quella di ‘A far l’amore comincia tu’, di ‘Pedro’, di ‘Forte Forte Forte’ e di ‘Tanti Auguri’. Raffaella unica, grande, mito, icona e leggenda: il suo ‘rumore’ oggi e per sempre.