AGI – Uccisa per un “no”. Lui quella parola se l’era sentita ripetere tante volte: in famiglia, nella società, nella vita. E quando l’ha ascoltata pure da quella poveretta, la rabbia è esondata come un fiume in piena: l’ha accoltellata più di quaranta volte. Quella che segue non è la ricostruzione del fatto di sangue ripresa dalle cronache dell’epoca. È il retroscena dei motivi che hanno causato la tragedia, portato in evidenza da un lavoro di analisi svolto dai carabinieri psicologi del Reparto analisi criminologiche (Rac) del Raggruppamento carabinieri investigazioni scientifiche (Racis) e al quale l’Agi ha avuto accesso.
Tornando alle indagini, i militari della città piemontese avevano ricostruito la dinamica del crimine consegnando agli inquirenti i riscontri necessari per ottenere una sentenza contro Folletto. Le forze dell’ordine avevano risposto a tutte le domande d’obbligo: chi ha ucciso, come, perché, dove e quando. Ma bisognava stabilire ancora altro: perché all’improvviso è esplosa la furia distruttiva che ha trasformato Pasqualino Folletto in un assassino? La questione non era sapere quale fosse stata la ragione oscura che lo aveva portato in tabaccheria – i soldi da rapinare – bensì ciò che aveva reso irrefrenabile il suo gesto di uccidere.
C’era il quesito ma non la spiegazione. Per trovarla gli specialisti del Rac si sono dovuti immergere nello stato animo dell’uomo prima che entrasse nella rivendita, provando a raggiungere la fonte profonda della sua collera omicida. Gli esperti dell’Arma ci sono arrivati in tre mosse. Le spiegano loro stessi: “Tratteggiare il profilo personologico, osservare la comunicazione verbale e non verbale e la reazione agli stimoli in fase di interrogatorio”.
Il film dell’omicidio è breve da riassumere. Pasqualino Folletto ha bisogno di soldi. Quella mattina aspetta che Maria Luisa Fassi apra il negozio, entra, le chiede il denaro in cassa (circa 800 euro), lei si rifiuta di darglielo e lui l’ammazza. Le telecamere presenti in strada riprendono il prima: l’uomo nervoso che fa avanti e indietro davanti al negozio; e il dopo: lui che se ne va in auto a massacro compiuto.
Poche ore dopo l’aggressione mortale, gli operatori della sezione “Psicologia investigativa” convocano l’uomo per ascoltare la sua versione dei fatti. Non come indagato, ma in qualità di testimone. Lui era cliente abituale e lui quella mattina è entrato nella tabaccheria: cosa ha visto?
“Durante la prima parte dell’escussione – annotano gli osservatori – Folletto ha risposto con apertura ai quesiti sulla sua famiglia e sulla sua attività lavorativa. L’argomento oggetto di indagine – proseguono – è stato introdotto gradualmente chiedendo se avesse alcun tipo di informazione in merito al delitto della Fassi”.
Poi l’atmosfera comincia a cambiare. L’operaio – si accorgono gli esperti – “rendendosi conto di dover fornire informazioni attinenti all’omicidio, modificava in parte il suo assetto emotivo”.
In pratica, si è passati “da un’iniziale tranquillità e ilarità creatasi all’interno del setting – aggiungono i militari – a un umore più cupo e un atteggiamento maggiormente riflessivo”. Poi il passo falso. Folletto “confermava di conoscere la titolare della tabaccheria perché comprava da lei le sigarette – mettono nero su bianco i militari – ma negava di essere stato all’interno di quell’esercizio commerciale il giorno della commissione dell’omicidio perché impegnato al lavoro”.
A questo punto la stretta degli investigatori si fa più forte. Al magazziniere gli specialisti del Reparto mostrano “le immagini estrapolate dalle telecamere di sorveglianza che lo ritraevano transitare più volte con la sua autovettura sulla via della tabaccheria fino a documentare il suo ingresso entrare all’interno”.
Non serve altro: l’uomo crolla subito. Lo riportano sempre le note su quel faccia a faccia in caserma. Folletto ammette l’omicidio e confessa agli operatori la sua disperazione: aveva bisogno di soldi. Dice che “al diniego della Fassi di consegnare il contante avrebbe perso il controllo e deciso di accoltellarla”.
Ma è solo questo? Ora i carabinieri psicologi sono in grado di tirare le somme sulle origini della sua spinta emotiva. “Al numero elevato di coltellate inferte alla vittima, circa 45 – dettagliano gli esperti – va attribuita una valenza di natura simbolica piuttosto che strumentale. La negazione a ricevere l’oggetto della sua richiesta – continuano – potrebbe avere avuto nel Folletto un effetto ‘trigger’ (il grilletto, ndr) che avrebbe contribuito a una improvvisa condizione di slatentizzazione di un vissuto connotato fino a quel momento da frustrazione come padre e come uomo, da angoscia e avversione non solo nei confronti della vita in generale – concludono – ma anche verso la moglie e il loro rapporto conflittuale”.
Il profilo esistenziale della persona dice molto al riguardo. Pasqualino Folletto – ripercorre in sintesi il rapporto del Rac – è padre di tre figli: due gemelli del 2008 e una bimba nata quattro anni prima. Tutti hanno bisogno di attenzione. La grande più degli altri, ma anche i due fratellini. Lui si dà parecchio da fare: in una ditta di trasporti fa il magazziniere circa undici ore al giorno; la moglie è disoccupata.
Col marito – inquadrano ancora gli analisti dell’Arma – ci sono state forti liti perché lui l’accusa di non occuparsi della casa (dice di riassettarla quando torna dal lavoro) e di passare il tempo a giocare su Internet. Addirittura, una volta è dovuta intervenire anche la polizia per calmare una discussione tra i due e, nel 2012, la famiglia è finita sotto osservazione dei Servizi sociali del Comune di Asti dal punto di vista educativo, domiciliare, psicologico, chiaramente a tutela dei minori.
Inoltre, dal Reparto si menzionano pure i debiti dell’uomo “con finanziarie e datore di lavoro. L’auto di Folletto – vanno avanti – è sottoposta a fermo amministrativo per mancanza di copertura assicurativa”. In caserma, ammessa la sua colpa “lui pensava ai figli – terminano i carabinieri – voleva suicidarsi e provava rabbia contro chi non l’aveva aiutato economicamente”. Per la vittima, invece, pare non sia trapelata alcuna compassione.
