Se in altre regioni d’Italia, i camici bianchi scendono in piazza quando c’è da protestare, così come infermieri e personale tecnico, non è sfuggito a livello sindacale l’atteggiamento della sanità veneta. Difficilmente un medico si espone, ci mette la faccia, nome e cognome quando c’è da rivendicare un sacrosanto diritto lavorativo, fai fatica ad intervistarlo e a tirargli una parola dalla bocca. Quello che sconvolge è che questo stesso atteggiamento ce l’hanno anche i medici che è risaputo che hanno abbandonato il pubblico perchè sfiniti da turni massacranti e magari sottopagati. E’ come se continuassero ad avere paura di parlare, nonostante prestino servizio in strutture private. Questo la dice tutta su quello che è stato definito “clima da caserma” e che secondo il Sindacato medici italiani sarebbe uno dei motivi che non solo costringe alla fuga dal pubblico, ma farebbe disertare i concorsi pubblici.

Il Sindacato medici italiani promuove l’accordo tra Regione Veneto e sindacati della dirigenza medica che ha portato alle linee guida per enti o aziende sanitarie sulla contrattazione integrativa aziendale. E’ stato “raggiunto in tempi contenuti grazie all’impegno congiunto di entrambe le parti”. Ma, avverte Alberto Pozzi presidente regionale Smi e vicepresidente regionale della Federazione veterinari medici e dirigenti sanitari del Veneto, “va comunque evidenziato che le migliorie economiche, dedicate in particolare all’emergenza-urgenza, sono modeste e non possono rappresentare uno strumento di garanzia per perseguire gli obiettivi di fidelizzare i professionisti al Servizio sanitario regionale pubblico, arrestare la fuga dei medici dagli ospedali e reclutare nuove risorse attraverso i concorsi pubblici che sempre più spesso sono disertati”. I problemi “da affrontare e risolvere”, spiega, “riguardano particolarmente il clima organizzativo nelle aziende sanitarie e l’insostenibilità degli obiettivi prestazionali che vengono richiesti in una situazione ormai strutturale di precarietà e carenza di personale. Non è più accettabile il clima ‘da caserma’ che caratterizza i contesti lavorativi ospedalieri e non solo. Non è più accettabile lo stile direzionale verticistico, non partecipativo, che esclude i professionisti dai processi decisionali organizzativi, causando spesso isolamento e burnout. Non è più accettabile l’inconciliabilità che si è venuta a creare tra i tempi di lavoro e i tempi di vita”.

Secondo Pozzi, “se veramente si vuole ancora rendere appetibile il servizio sanitario pubblico ai professionisti medici e di tutte le professioni sanitarie è necessario un impegno congiunto di parte pubblica e sindacale finalizzato alla risoluzione di queste criticità. Senza una governance che restituisca ai medici protagonismo e dignità professionali non sarà possibile salvaguardare il servizio sanitario regionle e nazionale dalla deriva privatistica”. Intanto, riconosce, ben venga che si siano “affrontati e condivisi contenuti innovativi sugli aspetti economici integrativi, previsti da norme di legge extra-contrattuali di riparto alle regioni, e contenuti relativi alla gestione dei sistemi premiali, all’attribuzione e alla valutazione degli incarichi dirigenziali, alla valorizzazione dell’impegno formativo. Il risultato raggiunto è importante visto che la Regione Veneto è la prima ad avere siglato l’accordo e testimonia un rinnovato impegno di collaborazione tra la parte pubblica e le organizzazioni sindacali che, per parte loro, hanno condotto la trattativa in modo compatto, anche se con contributi diversificati”.

F.C.

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