Non si smarca da Orsi, anzi, e vuole diventare il nuovo sindaco di Schio. Dalla sua 10 anni di politica sociale che le hanno portato consensi ed apprezzamenti bipartisan e che l’hanno vista crescere nel suo ruolo di amministratore. Schiva quanto basta, è il suo lavoro che parla per lei e Cristina Marigo si sente pronta a raccogliere il testimone che Valter Orsi cederà la prossima primavera.

Sguardo sì dolce, ma deciso ed appassionato nel raccontare il decennio vissuto nel sociale scledense, la 50enne Cristina Marigo è pronta a rompere gli indugi e a gettarsi nell’arena elettorale che tra dieci mesi decreterà il nuovo sindaco di Schio. Avvocato di professione, compagna e mamma che non fa mai mancare il tempo alla sua famiglia, Cristina Marigo si dichiara al di fuori dei giochi politici, considera la civicità la forza trainante per raggiungere degli obiettivi, non ha alcuna tessera di partito in tasca ma è vicina alle idee di centro destra, crede molto nel dialogo con le persone e nel coinvolgimento dei giovani. Il suo battesimo politico avviene nel 2014 quando il sindaco Valter Orsi la fa assessore al sociale e alle politiche della famiglia, riconfermandola poi nel 2019 quando la nomina anche vicesindaco di Schio. Lo stesso Orsi la definisce un “leone con la pelliccia di agnello, perché in giunta è lei quella che più mi tiene testa e, se nei primi 5 anni si è dimostrata un grande assessore, nell’ultimo mandato è diventata un amministratore completo”.

Perché ha deciso di candidarsi?
E’ una decisione ponderata e soppesata a lungo, condivisa anche in famiglia perché, parliamoci chiaro, fare il sindaco di una città come Schio è un lavoro a tempo pieno o quasi. Credo molto in quello che faccio, e non mi riferisco solo nell’ambito sociale in cui mi sono dedicata anima e corpo, ma in tutto quello che l’amministrazione comunale targata Orsi è riuscita a fare per Schio. E’ stato fatto tanto, sono state gettate le basi per fare altro e intendo portare avanti progetti ed idee che puntano ad una sola cosa: al bene di Schio e degli scledensi. Se mi chiede se quanto è stato fatto su Schio in questi ultimi 10 anni è stato un successo, le rispondo di sì.

Ha anticipato la prossima domanda e, senza voler annoiare troppo chi legge, ci spiega in numeri cosa è stato fatto per la popolosa Schio, terza città vicentina per numero di abitanti, in questi 10 anni?
Guardi, credo che dare conto ai cittadini non sia mai noioso. Anzi, è doveroso. Perché se una cosa che ho apprezzato, e imparato, in questo decennio è la vicinanza con la gente. Sicuramente l’aver ricoperto un ruolo, come quello dell’assessore al sociale, mi ha messo ancor di più a contatto con persone che avevano una moltitudine di problemi ed esigenze. Per tornare alla sua domanda le basti capire che dal 2014 al 2022 sono state risollevate le finanze della città, portando la liquidità di cassa da 1 a 13 milioni di euro e il tutto senza aumentare le tasse ai cittadini. In più, è stato abbattuto il debito comunale da 37 a 29 milioni di euro e sono stati messi in campo 76 milioni di euro di investimenti per opere di miglioria o messa in sicurezza del nostro territorio.

Cosa significa per lei fare politica?
La politica si esprime nel prendere decisioni. Vanno bene le chiacchiere, ma fino ad un certo punto: servono i fatti ed i risultati. Per portare a casa i risultati giusti occorre ascoltare e avvicinare le persone. La distanza dal cittadino svuota la politica e se c’è una cosa che ho imparato da Valter Orsi è il dialogo. Mai quello manifestato, ma quello concreto. Dialogo che, specie nel sociale, è avvolto dal più totale rispetto verso situazioni o persone che seguiamo. Nell’era in cui, tra social e tv, ci stiamo fin troppo abituando a vedere politici o presunti tali sfoderare l’arte dell’apparire credo, invece, sia importante sapere stare anche un passo indietro nell’immagine e impegnare il tempo a lavorare sodo. Le soluzioni che come amministrazione comunale abbiamo preso per Schio non sono mai calate dal cielo ma sono state elaborate anche dialogando coi cittadini che ci hanno dato le giuste direttive.

Sta per concludere i 10 anni come assessore al sociale. Un suo impegno che raccoglie il plauso di tutti gli schieramenti politici.
Quando Orsi mi ha dato questo incarico sono partita da zero. E per zero intendo la mia esperienza che nel tempo si è formata, costruita e consolidata: tutto questo non sarebbe stato possibile senza il lavoro di squadra che si è creato con gli uffici comunali e con i 5 assistenti sociali. Nel sociale è importantissimo fare team, fare rete e coltivare l’associazionismo. In questo modo e in questi anni, che sono stati anche ‘stravolti’ dal Covid, siamo riusciti a dare un’assistenza in tempo reale ai cittadini grazie anche alle associazioni volontari del territorio. A Schio abbiamo due importanti realtà come Casa Bakhita, che da accoglienza a cittadini italiani e stranieri maggiorenni con necessità di vitto e alloggio che si trovano in condizione di disagio sociale, e il Centro Antiviolenza Sportello Donna ‘Maria Grazia Cutuli’ che accoglie donne vittime di violenza di genere, dando loro supporto per uscire dalla violenza anche quando si sono allontanate dalla propria casa e sono accolte o in reti informali o in strutture di accoglienza. Per realizzare questo obiettivo molto
importante è mantenere i contatti con le associazioni di volontariato che possono offrire aiuti e supporti di diversa natura alle donne e ai loro figli.

Quale difficoltà più grande ha trovato in questo suo percorso?
In questo decennio di sociale la più grande difficoltà e stato il dialogo tra enti diversi, perché non c’è una norma completa che appiani regole e formalità diverse che, ad esempio, ciascun Comune ha. Le faccio un esempio: nel nostro Centro Antiviolenza arrivano anche donne che non abitano a Schio e per dare loro il miglior supporto è fondamentale che l’assistente sociale del Comune da cui proviene si attivi per trovarle la soluzione migliore.

Un’ultima domanda: lei ha risolto la povertà a Schio?
Assolutamente no, ma assolutamente sì ci siamo attivati sempre per fornire un sostegno economico alle famiglie, a chi in grave disagio economico o fisico. Ed è anche vero che con il reddito di cittadinanza e il reddito di inclusione si è alleggerita la domanda di aiuto comunale ma restano comunque due importanti povertà: quella economica che, con lo sblocco degli sfratti post Covid, sta ritornando a crescere e quella educativa dove ci troviamo a confronto con adolescenti figli di ‘genitori mai cresciuti’ che non sanno gestirli. Giovani che poi finiscono per mettersi nei guai, piccoli o grandi che siano, non riconoscendo le regole comuni e le responsabilità delle proprie azioni. Per questo ho insistito molto sul coinvolgimento dei ragazzi alla partecipazione, all’associazionismo: perché loro un domani possono fare la differenza e cambiare le cose.

Paola Viero

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