“Pazienti psichiatrici legati ai letti per ore, addirittura per giorni. Rischiamo un vero e proprio ritorno al manicomio”. Con polso deciso, Carlo Cunegato e Giorgio De Zen, consiglieri comunali di Coalizione Civica a Schio tornano a puntare il faro sul Centro di Salute Mentale di Schio, chiuso ‘per ferie’ a luglio del 2019 e mai più riaperto, nonostante promesse e proclami dalla direzione locale e regionale della Ulss.

Lo fanno denunciando “episodi di contenzione fisica a cui sono stati sottoposti alcuni pazienti ricoverati a Vicenza”, documentati da dati resi noti proprio dall’azienda sanitaria, che nel 2019 ha registrato 33 pazienti contenuti all’ospedale di Santorso e 42 contenzioni.

A lanciare il primo segnale d’allarme, dichiarando un “rischio di ritorno ai manicomi in Veneto, con la Regione intenzionata ad arrestare il processo di civiltà che ha portato in Italia alla legge Basaglia e la mancanza di piena dignità e il diritto di cittadinanza alle persone con disagio mentale”, sono le associazioni che si occupano dei diritti dei malati e della tutela dei diritti, che si sono rivolti al commissario Bortolo Simoni per chiedere spiegazioni “sulla riapertura del Centro di Salute Mentale di Schio e di altri servizi territoriali essenziali, sulla nascita di ‘piccoli manicomi’ e sul fatto che le rette per i ricoverati siano sostenute al 40% dai famigliari e dagli enti locali”.

Del Centro di Salute Mentale di Schio, per il quale proprio Cunegatoe  De Zen continuano a battersi senza sosta, era stata annunciata la riapertura a fine 2019, poi a inizio 2020, poi non se ne è fatto più nulla. Nonostante i numeri legati al servizio siano impegnativi e ne attestino l’importanza per il territorio. “Più di 1.500 visite all’anno che non si fanno più, con le persone più fragili e le loro famiglie lasciate sole”, hanno sottolineato i consiglieri, che con queste premesse ipotizzano un ritorno ai manicomi ‘vecchio stampo’. Da qui l’interrogazione al sindaco di Schio, stilata in particolar modo per sollecitare la riapertura dell’importante servizio, ma senza dimenticare che a fianco della chiusura del Csm ci sono altri problemi che toccano la parte più fragile della popolazione. Concetto sposato anche da Fernando Pretto (presidente della ODV Cittadinanza e Salute), Gisella Trincas (presidente UNASAM), Riccardo Cagnes (coordinatore FISH della provincia diVicenza) e Aida Brusaporco (segretaria SPI CGIL Lega di Dueville), che si sono rivolti direttamente a Simoni: “Si torna a strappare dal corpo sociale e ad isolare le persone che si pensa non valga più la pena di curare e riabilitare. Con costi, peraltro, da sostenere tendenzialmente per tutta la loro vita, non essendo prevista, a partire da quelle residenze, alcuna forma di reale reinserimento sociale. Vogliamo denunciare in particolare la pratica drammatica della contenzione meccanica, ovvero l’abitudine di legare al letto per ore, giorni, le persone con disagio e disturbo mentale nei servizi psichiatrici di diagnosi e cura (spdc) della Provincia. Questo avviene nel totale silenzio della società civile, delle istituzioni e della politica, nonostante le raccomandazioni all’Italia di abbandonare tali pratiche da parte del Consiglio d’Europa. La

contenzione fisica è assolutamente illegittima. Non ci sono disposizioni di legge che offrano copertura giuridica a chi la attua, mentre invece c’è la condanna solenne della nostra Costituzione repubblicana con gli articoli 13 e 32.Questa pratica è sopravvissuta ai manicomi ed è diffusa, salvo lodevoli

eccezioni, in tutto il Veneto. E’ il marchio dei servizi di pessima qualità. E’ il segno di una psichiatria difensiva, orientata prevalentemente al custodialismo, più che alla cura e presa in carico. Non legare è possibile e lo dimostrano con i fatti quei servizi che da sempre non hanno bisogno di far ricorso a questa orribile pratica, grazie a responsabili illuminati, ad una adeguata organizzazione, alla qualità della relazione e ad un clima terapeutico. In altre parole: servono professionalità e umanità”. Secondo Cunegato e De Zen “Stiamo tragicamente assistendo, nel nostro territorio, ad una fatale regressione del processo, sancito con la legge 180/78, che ha restituito la piena dignità e il diritto di cittadinanza a persone con disagio mentale. Continua ad essere intollerabile la chiusura, che ormai si protrae dal Giugno 2019, del Centro di Salute Mentale (CSM) di Schio, servizio che attua la prevenzione, la cura e la riabilitazione delle varie forme di disagio psichico, evitando che sfocino in gravi patologie – hanno sottolineato Cunegato e De Zen – In questa direzione sembra andare anche la progettualità regionale prevista dalla DGR n.1673 del 12/11/2018 o, almeno, questo è ciò che sta succedendo nella nostra Ulss, dove è in fase di realizzazione un progetto che vuole concentrare nella stessa struttura fino a 40 ultra quarantacinquenni, già etichettati come ‘cronici’. Questo è quello che sta avvenendo a Montecchio Precalcino, nell’area che fu del vecchio ospedale psichiatrico provinciale. L’ulteriore agghiacciante notizia che ci arriva da associazioni della provincia di Vicenza è che nei reparti di psichiatria degli ospedali del nostro territorio sta aumentando l’uso della contenzione meccanica, ovvero di una pratica che consiste nel legare al letto i pazienti, per ore e anche per giorni. La contenzione fisica è assolutamente illegittima. Genera in chi la subisce sofferenza fisica e psicologica, umiliazione e terrore, è anti terapeutica e non è una pratica medica. Non ci sono nemmeno disposizioni di legge che offrano copertura giuridica a chi la attua, mentre invece c’è la condanna solenne della nostra Costituzione repubblicana con gli articoli 13 e 32. È una pratica disumana che purtroppo è sopravvissuta al manicomio, nonostante le raccomandazioni all’Italia di abbandonarla da parte del Consiglio d’Europa, ed è estremamente pericolosa, perché la cronaca ci racconta di un aumento delle morti di persone contenute. Nella nostra Ulss il numero dei pazienti contenuti è molto elevato. Nel 2019 nel distretto 1, quello bassanese, a fronte di 272 pazienti ricoverati, ben 22 sono stati contenuti, mentre nel distretto 2 dell’Alto Vicentino, a fronte di 364 ricoveri, ben 33 sono stati contenuti. Dove ci sono risorse umane adeguate, professionalità e formazione questa pratica non esiste”.

“La medicina territoriale sta soffrendo”

“Purtroppo la diffusione della contenzione in Veneto è la punta dell’iceberg di un sistema territoriale in grave sofferenza, dove i CSM indeboliti non riescono più a prendere in carico la persona e ad accompagnarla nel percorso (si pensi solo che dovrebbero essere diffusi capillarmente ed essere aperti 12 ore al giorno, 7 giorni su 7), in collaborazione con una rete di strutture e servizi sanitari e sociali – hanno concluso Cunegato e De Zen – L’utenza si riversa quindi sull’ospedale, dove trova solo interventi farmacologici e, sovente, la contenzione. All’uscita, per qualcuno di loro si apre la strada dell’inserimento definitivo in struttura residenziale a soli fini assistenziali. Tutto questo è la evidente manifestazione dello scadimento del servizio dopo 40 anni di virtuosa sperimentazione della legge 180: significa che la persona non viene più presa in carico con l’obiettivo di essere curata, con l’ambizione di migliorarne la qualità della vita, ma semplicemente custodita, come se fosse un oggetto. Queste soluzioni ci parlano di una società sempre meno capace di prendersi cura delle persone più fragili”.

L’interrogazione al sindaco

Per avere risposte e sollecitare pubblicamente una soluzione al problema e la riapertura del Csm, i consiglieri hanno chiesto al sindaco: “Come mai assistiamo nel nostro territorio ad un numero di contenzioni così elevato? Il Comune di Schio vorrà opporsi a questa pratica inumana e pretendere che i servizi per le persone con problemi psichiatrici, ed in particolare il CSM, ritornino ad essere di qualità?”

Anna Bianchini

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