a cura di Livio Gemmo

Se nel mese di marzo abbiamo trattato la bellezza della matematica, in questo mese di aprile, votato per noi cristiani alla Santa Pasqua, vorrei invece parlarvi di un’altra forma di Bellezza, troppo spesso sottovalutata e considerata talmente priva di fascino da non meritare nemmeno menzione: la bellezza della collera. Starete pensando che io sia impazzito! Quale argomento meno indicato, infatti, nel periodo pasquale?

Ebbene: sono convinto che la Collera, l’avere un diavolo per capello e le narici fumanti come quelle di un toro nel bel mezzo di una corrida, costituisca un ottimo viatico per raggiungere la vera mitezza d’animo, per raggiungere, in una parola, la vera pace interiore e quindi, in definitiva, l’amore per il prossimo. Una sorta di viaggio catartico, dunque, che è necessario intraprendere per guardare al proprio nemico con occhi rinnovati, per avvicinarsi intimamente a lui e capirne l’anima in profondità. In fin dei conti, non è forse la collera un segno di relazione con chi la provoca? Non stabilisce forse la collera un profondo legame con il nemico? L’indifferenza, quella sì, sarebbe grave! Non la collera, che se riconosciuta può essere scacciata, permettendoci di evolvere ad un livello superiore, ad una vibrazione più virtuosa.

Mi spiego meglio.

Vi è mai capitato di avere le budella contorte dalla rabbia? Di provare un odio talmente viscerale per qualcuno, tanto da volerlo vedere scomparire dalla faccia della terra? Di non riuscire a dormire la notte per un torto subito? Di augurare addirittura la morte ad un vostro acerrimo nemico?

A me è capitato. Eccome! E non me ne vergogno. Un amore che ti tradisce, un amico che ti volta le spalle nel momento del bisogno, un collaboratore che rema contro, un cliente che volutamente non onora i suoi debiti. Quante volte qualcuno ci ha fatto saltare la mosca al naso? Quante volte siamo stati ai ferri corti?

Attenzione: non sto parlando dell’Ira. L’ira, oltre che un vizio capitale, è un sintomo di vera debolezza, è non riuscire a scacciare la propria rabbia e, anzichè allontanarla, farsi da lei indirizzare verso lidi oscuri e impantanati. L’ira, come gli altri vizi capitali, ti attanaglia e ti stringe in una morsa fino a stritolarti, fino a governarti. Non si può vincere l’ira. E’ lei che vince. Ma la collera… La collera è pura poesia! Pura energia! Basta riconoscerla. Ed evitare che si trasformi in ira. Checché ne dica il dizionario dei sinonimi, per me collera e ira hanno significati sottilmente diversi e la differenza sta tutta nel fatto che mentre la collera, pur esercitando un certo fascino, può essere scacciata, non così invece l’ira, che viceversa si impadronisce della nostra anima, rendendola buia e vulnerabile.

Per esprimere meglio ciò che intendo, ecco l’immancabile filastrocca del mese di aprile, dedicata, appunto, alla Collera.

Affascinante meretrice, 

dal profondo tu mi tenti, 

maledetta ingannatrice, 

mi confondi, mi spaventi… Ma mi tenti!

La paura si fa largo, è confuso il mio disegno,

poi, di colpo, sferro un dardo… Inutilmente, non va a segno. Inutilmente.

 

Tremolante è la mia voce e tutto è buio, non c’è luce. E’ tutto buio.

Voglio urlare, bestemmiare, odio puro nella pancia. Non c’è pace. Non c’è!

 

Collera: una sola “elle” in meno, un accento sul passato

e riconosco il vecchio morbo, 

così fuggo, via, lontano.

 

Son guarito, forte e fiero,

ho scacciato il marcio tarlo!

Il pensiero va al nemico, 

non son più come non ero.

Ora sì: so affrontarlo. 

Vincerò? 

Ho già vinto. 

Un caffè?

 

Una Serena Pasqua a tutti dal vostro cultore di Bellezza

E ricordate, se qualcuno vi fa perdere le staffe, riconoscete il vecchio morbo e pensate a lui con indulgenza: la vittoria sarà certa.

 

 

 

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