Un’aggressione della quale non esiste traccia in denunce o informative. Ma di cui qualcuno avrebbe riferito ai militari dell’Arma. Il cellulare del ragazzino è stato sequestrato e all’interno gli investigatori hanno già trovato riscontri alle ipotesi investigative di una persecuzione a cui il ragazzino era vittima da alcuni mesi.
Alessandro quindi non solo conosceva quei ragazzi, forse di un paese vicino al suo, ma era stato anche vittima di vessazioni e minacce dure da digerire per un ragazzino. In particolare, in un messaggio c’era addirittura l’invito a suicidarsi, lanciarsi giù dal balcone, come poi tragicamente avvenuto. All’inizio si ipotizzava che fosse affacciato al balcone per riparare il filo di un’antenna, in realtà, forse a quel filo si sarebbe aggrappato per non cadere nel vuoto. Un volo fatale di 15 metri. I pm della Procura di Torre Annunziata (procuratore Nunzio Fragliasso e sostituto Giuliana Moccia) sono pronti a trasferire il fascicolo al pm della procura dei Minori.
La proposta di Crepet: vietare i social agli under 13
Il cyberbullismo colpisce laddove c’è vulnerabilità. Non tutti i ragazzini hanno la stessa vulnerabilità. Per stare dalla parte dei vulnerabili lo Stato deve fare delle cose. Secondo me dobbiamo arrivare a proibire la tecnologia digitale fino ad un minimo di 12 anni. Sotto i 12 anni si usa il computer del padre. Io sto parlando dei social perché lo smartphone è lo strumento principale per aderire al fenomeno del cyberbullismo”.
È la proposta di Paolo Crepet, psichiatra, sociologo, scrittore e divulgatore, interpellato dall’AGI. Il cyber bullismo “non è nato con i social ma con Internet – spiega Crepet – quasi una ventina di anni fa. Attraverso i social questo fenomeno è diventato molto più efficace, pregnante e diffuso. E ha delle caratteristiche nuove: sono sempre più giovani quelli che entrano nel gioco della Rete ma questa è una cosa che i genitori devono sapere. La domanda è: chi si occupa dei bambini? A 13 anni penso che una persona sia ancora un bambino”.
Per lo psichiatra “i bambini devono rimanere bambini smettiamola di dare strumenti digitali a persone di età sempre più precoci. Un bambino con un social è un bambino solo, drammaticamente solo.
È necessario portare a 16 anni l’età in cui si diventa adulti. Questo – ha concluso Crepet – non per andare solamente a votare ma anche per quanto riguarda il codice penale. Questo è l’unico modo per parlare ai ragazzi in maniera diversa. Sono cresciuti prima: allora riconosciamo diritti ma anche doveri”.
Chi ha il controllo delle password?
“Il cyberbullismo è un fenomeno in aumento e pericolosissimo perché sfugge completamente al controllo degli adulti. Quasi sempre i figli hanno le password dei telefoni dei genitori e non viceversa” dice all’AGI lo psicologo Raffaele Felaco, direttore di psicologinews.it, commentando il caso.
Felaco che è stato anche presidente dell’Ordine degli psicologi della Campania, ha evidenziato un fenomeno sociale: “la distanza tra le generazioni, non solo tra genitori e figli ma anche tra ragazzi che hanno pochi anni di distanza. Ci sono fratture generazionali – sottolinea – sempre maggiori e questo impedisce quella comunicazione intima che ha sempre fatto progredire la societa’”.
Gli autori di bullismo “assorbono la parte violenta della società che è molto forte”. Per prevenire questo fenomeno, secondo Felaco occorre che “i ragazzini siano protetti, da genitori e familiari, da una relazione di confidenza e non di controllo” . Per l’esperto il “vero dramma della nostra epoca è che la famiglia e la scuola hanno perso terreno rispetto a questi meccanismi che viaggiano sui device sui cellulari, dai social ai messaggi”.