di Patrizia Vita

Sul sito della Camera è presentato così: Sergio Battelli, nato a Genova il 7 ottobre 1982, licenza media, dipendente attività commerciale, eletto nella circoscrizione Liguria, lista di elezione Movimento 5 Stelle, proclamato il 19 marzo 2018, elezione convalidata il 16 luglio 2020.

Cariche: Presidente della XIV commissione (Politiche dell’Unione Europea) dal 21 giugno 2018 al 28 luglio 2020. Presidente della XIV commissione (Politiche dell’Unione Europea) dal 29 luglio 2020.

Dunque una riconferma, quell’incarico per il quale, impropriamente a questo punto, si riterrebbe più valido un politico di lungo corso e con esperienza provata nel merito della gestione di fondi, come quelli del Recovery fund.

Spulciando in rete, inoltre, si scopre che Battelli, oltre a un passato da commesso in un negozio di animali, suonava anche la chitarra in una band. Insomma, una ‘carriera’ che poco atterrebbe alla importante carica politica che gli viene assegnata appena eletto, e rinnovata pure di fresco.

Il 38enne genovese risulta anche essere fedelissimo del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. Le sue candidature gli fruttarono appena 90 voti alle primarie oline del Movimento, nel 2013 (aveva 31 anni) e 363 voti a quelle del 2018. Roba che a elezioni comunali, se candidato in altro partito, uno non uscirebbe più da casa per mesi. Ma con i Cinquestelle è possibile fare il triplo salto mortale in materia di carriera. E così un commesso, chitarrista in una band, diventa “Presidente della XIV commissione (Politiche dell’Unione Europea”.

Serve altro per capire perché il Movimento raccoglie ancora tanti consensi, nonostante il non raggiunto traguardo di due governi in successione; nonostante il tonfo dei suoi due maggiori cavalli di battaglia (vitalizi riconfermati dopo l’annullamento, e reddito di cittadinanza anche a mafiosi e ‘ndranghetisti)?

Ma certo che li raccoglie i consensi. Rappresenta il sogno di ogni italiano (di qualunque estrazione sociale o culturale sia) credere che “anche lui può farcela”. Divenire addirittura ministro, o, in seconda battuta, “Presidente della XIV commissione (Politiche dell’Unione Europea)”.

Ma a dirla tutta, non è solo questo ad avere determinato la mole di consensi ancora a supporto del Movimento. Già, perchè da Beppe Grillo in poi, che introdusse, nel lontano 2007, i “vaffanculo” alla Politica e la Stampa nazionale, è stata tutta una catarsi per gli italiani. Il Movimento ha sdoganato le forme contenute di dissenso sin lì masticate a denti stretti dal popolo. Un popolo che da bue è divenuta iena. E insulta, attacca, offende, senza più limiti verbali.

Attacca la politica, la stampa, e chiunque osi contraddire l’eccelso pensiero dominante. E il peggio è che tale abominevole abitudine ormai è sconfinata anche nelle file dei sostenitori degli altri partiti. Ormai è festival della violenza verbale: a destra, sinistra, centro (laddove ancora esistesse un centro). Complici i social che hanno fatto da vetrina a queste ‘iene’ da tastiera. “Leoni” è troppo regale come termine nel mondo animale.

Viviamo ormai in una mediocre e inselvaggita società, dove chiunque può offendere chiunque, senza freni, senza rispetto. Manifestando non un pensiero libero, anche se diverso dal tuo, ma cattivo, feroce. ‘Invasioni barbariche’ che disperdono il senso comune di rispettabile appartenenza all’una o l’altra corrente politica.

Al M5S la responsabilità di aver dato voce al malcontento – volgare, sconsiderato e folle – di gente da poco. Cui ha promesso molto.

Patrizia Vita

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