La Cassazione ha convalidato una pensione di invalidità all’80% ad un ex manager bresciano che per circa dodici anni aveva utilizzato il cellulare dell’ufficio per una media di 5/6 ore al giorno fino a quando nel 2002, gli venne diagnosticato un “neurinoma del Ganglio di Gasser”, cioè un tumore benigno al trigemino sinistro. Secondo la sezione Lavoro (sentenza 17438 redatta da Gianfranco Bandini), l’Inail dovrà risarcire Innocente M. perché, nonostante la “situazione del tutto particolare”, si è verificata “un’esposizione alle radiofrequenze per un lasso temporale continuativo molto lungo (circa 12 anni), per una media giornaliera di 5-6 ore e concentrata principalmente sull’orecchio sinistro dell’assicurato che, com’è di piana evidenza, concretizza una situazione affatto diversa da un normale uso non professionale del telefono cellulare”.

 

 A dare ragione all’ex manager, una consulenza medico legale che aveva tenuto conto di 679 casi che in un anno si sono verificati nel nostro Paese. La Ctu viene definita dalla Cassazione di “maggiore attendibilità vista la posizione di indipendenza di tali studi, per non essere stati cofinanziati, a differenza di altri, anche dalle stesse ditte produttrici di cellulari”.

 Inutilmente l’Inail ha tentato di ribaltare la decisione della Corte d’appello di Brescia del 2009. Nel dettaglio, piazza Cavour spiega che “nel caso di malattia professionale non tabellata, la prova della causa di lavoro, che grava sul lavoratore, deve essere valutata in termini di ragionevole certezza, nel senso che, esclusa la rilevanza della mera possibilità dell’origine professionale, questa può invece essere ravvisata in presenza di un rilevante grado di probabilità”.

 Per il Codacons si tratta di una ”sentenza molto importante e innovativa che apre la strada ai risarcimenti. Si tratta, infatti, di un verdetto che stabilisce un rapporto diretto tra uso del telefonino e insorgenze dei tumori”.

 Ma Silvio Garattini, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, all’Adnkronos Salute spiega che “allo stato attuale non ci sono ragioni per dire che ci sia un rapporto diretto causa-effetto tra telefoni cellulari e tumori. Alcuni dati sono stati contraddittori, è vero, ma gli ultimi lavori scientifici vanno nella direzione contraria rispetto a quella di un rapporto diretto”.

 “Le risultanze dello studio di un’agenzia dell’Organizzazione mondiale della sanità”, che parlavano di possibili rischi legati alle radiofrequenze dei telefoni cellulari e di altri apparati di comunicazioni wireless, “sono in seguito state smentite da altri lavori. Insomma, dal punto di vista strettamente scientifico, allo stato attuale non ci sono evidenze che l’uso del telefonino dia luogo al tumore“. Dunque “nel dubbio, evidentemente la Corte ha preso una decisione a favore del malato”. (adnkronos)

 

 

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