a cura di Silvia Mari
È dedicato a Marco Valerio, figlio di una poliziotta, un giovane morto a soli 15 anni per una grave patologia, il piano di assistenza che la Polizia di Stato riserva ai figli minorenni dei propri dipendenti affetti da malattie croniche e disabili. “Garantisce a centinaia di famiglie un’assistenza economica utile per acquistare ausili che magari non passa l’Asl o medicine ed è inserito nel Fondo assistenza del personale della Polizia di Stato”. A spiegarlo all’agenzia Dire è l’Assistente Capo Massimo Montebove, tra i testimonial di questo piano e del calendario che serve a finanziarlo, che l’esperienza della disabilità la vive ogni giorno, insieme alla compagna Lara, nell’assistere la loro figlia Lavinia, rimasta tetraplegica e in stato vegetativo dopo esser stata investita nel parcheggio dell’asilo, a Velletri, il 7 agosto del 2018 quando aveva 16 mesi e gattonava appena. “È una famiglia- così la descrive Montebove parlando di sé e dei suoi colleghi che vivono questa difficile prova di vita- Ho conosciuto molte di queste persone, ci siamo scambiati messaggi e posso dire che i nostri non sono incontri di dolore, ma di gioia e io mi ritengo felice nonostante quello che è accaduto a Lavinia. Stare con chi ami, averla con noi è il senso di tutto”.
“Il piano- spiega l’Assistente Capo- funziona attraverso i finanziamenti che vengono dal calendario, che è ancora possibile acquistare sul sito dell’Unicef, da iniziative in cui la Polizia si unisce a dei brand o è possibile alimentarlo volontariamente da privati senza alcun ricarico sulle spese dello Stato. Vive di solidarietà” spiega Montebove che dalla sua esperienza diretta o di altri colleghi dice con emozione che “la Polizia è vicina dagli uffici territoriali fino al centro, io l’ho vissuto anche come supporto psicologico”.
“Lavinia vive una condizione irreversibile, ha la peg e la trag per respirare e alimentarsi ed è totalmente dipendente da assistenza. Oggi viviamo giorno per giorno”, racconta. A breve si arriverà alla sentenza nel processo di primo grado contro la maestra imputata e la mamma investitrice e Massimo Montebove dice di non avere “alcun sentimento di vendetta, ma voglio poter dire- conclude- che la giustizia ha assicurato un percorso. Lo dico anche da poliziotto”.