La legge italiana sulla legittima difesa tra percezione pubblica e realtà giuridica: un abisso creato dall’ignorare cosa dice la legge, che non può piacere, ma va rispettata se vivi in una società civile.

In un clima sociale in cui i furti in abitazione sembrano essere all’ordine del giorno, cresce tra i cittadini il senso di insicurezza. Non è raro sentire frasi come “non si può più nemmeno difendersi in casa propria” o “la legge tutela più i delinquenti che le persone perbene”. Ma è davvero così? Cosa prevede esattamente la legge italiana in caso di intrusione domestica?

Facciamo chiarezza su un tema tanto delicato quanto spesso frainteso: la legittima difesa in caso di furto in casa.

Furto in abitazione: un reato grave

Dal punto di vista normativo, il furto in abitazione è punito severamente. L’articolo 624-bis del Codice penale prevede la reclusione da quattro a sette anni, a conferma della gravità del reato. Non è necessario che la vittima presenti denuncia: essendo un reato procedibile d’ufficio, chiunque venga a conoscenza del fatto può segnalarlo alle forze dell’ordine.

Il reato comprende non solo l’intrusione nell’abitazione vera e propria, ma anche nelle pertinenze come garage, cantine e giardini, come confermato dalla recente sentenza della Cassazione (n. 17038 del 23 aprile 2024).

Cosa si può legalmente fare contro un ladro in casa?

Davanti a un ladro in casa propria, l’istinto di reagire è naturale. Tuttavia, la legge impone dei limiti ben precisi per evitare che la reazione degeneri in atti illegittimi o, peggio, in reati.

Vediamo caso per caso.

Si può aggredire il ladro? Solo in casi estremi

La legge non consente di aggredire il ladro se non in presenza di un pericolo concreto e attuale per la propria o l’altrui incolumità. È quanto stabilisce l’articolo 52 del Codice penale, che disciplina la legittima difesa.

Ad esempio, se il ladro impugna un’arma e minaccia il proprietario, una reazione anche fisica può essere lecita. Diverso il caso in cui il ladro stia semplicemente rubando e stia per fuggire: aggredirlo solo per “dare una lezione” sarebbe considerato un eccesso non giustificabile dalla legge.

Tuttavia, una reazione fisica non lesiva, come una spinta per impedirgli di fuggire con un oggetto rubato, può essere considerata legittima se proporzionata alla situazione.


Si può usare un’arma? Solo se c’è pericolo di vita

Anche l’uso delle armi è regolato da criteri di proporzionalità e necessità. È consentito solo se:

  • l’arma è legalmente detenuta;

  • vi è un pericolo concreto per la vita o l’incolumità fisica di sé o di altri presenti;

  • l’aggressione è attuale e inevitabile.

In assenza di questi requisiti, ad esempio se il ladro è in fuga o non rappresenta una minaccia, usare un’arma è vietato e può portare a gravi conseguenze penali per il proprietario.

Minacciare il ladro è lecito? Sì, se serve a fermarlo

La legge ammette l’uso della minaccia (anche armata) per intimare al ladro di andarsene e impedirgli di completare il furto, anche in assenza di un pericolo fisico diretto. In questo caso, si ritiene che la minaccia sia proporzionata e giustificata dal tentativo di tutelare il patrimonio.

Legittima difesa: un equilibrio delicato

La legittima difesa in Italia non è un “lasciapassare” per reagire come si vuole. È ammessa solo quando vi è proporzione tra difesa e offesa, e in presenza di una minaccia reale e attuale. Tuttavia, la riforma del 2019 ha rafforzato le tutele per chi si difende in casa propria, stabilendo che la legittima difesa è sempre presunta quando l’intrusione avviene di notte, con minaccia alla vita o alla sicurezza personale.

Difendersi è un diritto, ma va esercitato nei limiti previsti dalla legge. L’uso della forza o delle armi non è mai giustificato da un semplice impulso emotivo o dal desiderio di farsi giustizia da sé. Al contrario, ogni reazione deve essere proporzionata al pericolo e orientata alla tutela dell’incolumità, propria e altrui.

In ogni caso, la prima azione da compiere resta sempre la più ovvia e sicura: chiamare immediatamente le forze dell’ordine.

N.B.

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