Internet, i social, il mondo virtuale: i nostri ragazzi! Conoscere lo sterminato mondo del web, i contributi straordinari che esso può dare alla crescita culturale del nostro Paese e i rischi di un uso inappropriato e disinformato della rete è un dovere dei genitori e di tutti gli adulti della comunità educante.

‘Prima di regalare uno smartphone, regala la conoscenza, che permette di usare Internet e non di farsi usare. Prima di fare un profilo social, ricorda che hai appena sottoscritto un contratto con una società. Prima di pubblicare un post, ricorda che quando il prodotto è gratis, il prodotto sei tu. Prima che posti immagini video imbarazzanti, sappi che non potranno mai più essere eliminati. Prima di insultare, deridere o minacciare, ricorda che ogni cosa che fai in Internet, lascia la tua impronta. Prima di distruggere la tua identità virtuale, costruisci la tua  ‘web reputation’. Prima di trasmettere odio, sappi che l’amore è l’unico sentimento da promuovere condividere». E’ anche con questa poesia che Domenico Geracitano, poliziotto-scrittore, autore del libro «Se ci pensi… è tutt’altra cosa» , che rivolge chiari messaggi ai fruitori della rete, che spesso postano foto e diciamolo pure, non sanno comportarsi sui social, sfociando in comportamenti incivili. Comportamenti che ledono gli altri, ma gli stessi autori, inconsapevoli per ignoranza del male che fanno per primi a se stessi. La poesia, che sta facendo il giro d’Italia per l’importanza delle parole e dei contenuti, è stata scritta dallo stesso poliziotto, che, come dice lui stesso, traduce le regole delle «tre P», «Pensa Per Postare». Regole necessarie per i ragazzi, spesso bambini, che sempre più numerosi usano i social network come Tik Tok o Istangram, ambienti, fra l’altro, avverte Geracitano, «dove si infiltrano i pedofili». I social «abituano i ragazzi, e sempre di più bambini, a costruire prima il loro personaggio e poi la persona — spiega l’agente al Corriere della Sera  — ma i genitori devono aiutarli a costruirsi prima come persona, poi eventualmente come personaggio sul web, che, per essere costruito, richiede di farsi accettare dagli altri, quindi avere likes e visualizzazioni. Da qui nasce la pericolosità».

«Non è un buon esempio quel genitore che pubblica le foto dei propri figli sul web, perché spesso e volentieri queste immagini dei propri figli vengono raccolte e portate in quello spazio che si chiama «Deep web» dove si creano delle identità virtuali utili ai pedofili ad hackerare dei profili «fake» per andare ad adescare altri bambini, con una figura rassicurante». E «social network come Instagram e Tik Toc sono abitati da una grande percentuale di ragazzi e anche bambini, e questo attrae i pedofili», osserva Geracitano, che però precisa: «Nessun social è pericoloso se è dato attraverso un concetto allenante della crescita del proprio figlio, che deve però essere accompagnato in questo percorso». Su Tik Tok, la piattaforma musicale cinese, dove è possibile fare video in stile musically, è sempre più frequentata da bambini, ci sono dei pericoli? «Come messaggio — risponde Geracitano sempre attraverso le pagine del Corriere della Sera, che lo ha intervistato in occasione di un incontro con degli studenti — diciamo sempre di non pubblicare immagini di minori all’interno della rete, se prima non hanno compiuto almeno il 13esimo anno di età, così come prevede la normativa»

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