Per un’azienda, che ogni anno fattura sui 200 milioni di euro, portare a casa 86 mila euro di contributi non è molto. Una goccia in un oceano. Anzi, una goccia in una botte di vino. Quello prodotto dalla Casa Vinicola Zonin. L’azienda di Gianni Zonin, l’ex ‘re della Popolare di Vicenza’.
Anche se a guidarne il timone ora ci sono i suoi figli. Grazie alle quote cedute dal padre, mentre la sua banca crollava, trascinando nella disperazione migliaia di persone. Gente che aveva creduto nel banchiere della ‘porta a fianco’.
Patrimoni dissolti con la Banca Popolare di Vicenza. Come neve al sole. Per loro vite senza un presente di certezza, senza un futuro per i propri figli. Mentre quelli di Zonin lavorano nella loro azienda agricola, consolidata in quote donate dal loro padre e libere da pegni. Atti pubblici al vaglio della Procura di Vicenza.
A cosa servono questi 86mila euro? Per promuovere il vino di casa Zonin all’estero. In Thailandia (ex Siam) con poco più di 17mila euro, Taiwan quasi 7mila, Corea del Sud circa 34mila, Singapore quasi 21mila e poco meno di 7mila euro per fare conoscere l’etichetta in India. Tutti progetti per i quali la casa vinicola di Gambellara ha regolarmente partecipato ad un bando, rientrando in graduatoria regionale, in vista di contributi comunitari.
Uno sbarco verso l’oriente fatto di fiere e degustazioni nei ristoranti o nei centri commerciali, che costerebbe sui 270mila euro. Un’espansione che fa i conti coi costi di pubblicità o per ospitare i potenziali acquirenti, per i quali da casa Zonin sono stati richiesti 107mila euro, strappando 86mila euro dall’Unione Europea, tramite bando regionale. Un finanziamento che non passa per le casse regionali, ma gravante sull’esercizio finanziario comunitario 2018/2019.
Un’avventura dal sapore tutto orientale per casa Zonin, mentre a Vicenza resta un processo in corso e l’amarezza di chi ha perso tutto.
Paola Viero