di Jimmy Greselin

Italiani brava gente. Eticamente parlando forse sì, ma in campo finanziario proprio no, presi come siamo nell’identificare negli ‘altri’ e nelle ‘avversità’ la causa della nostra cattiva gestione finanziaria quando invece gli unici responsabili siamo noi. Proprio noi. Direttamente noi.

Negli ultimi anni il numero di famiglie sovraindebitate è aumentato esponenzialmente. Milioni di Italiani si aggiungono ad altri milioni di Italiani in una condivisa situazione tragica di eccessivo accumulo dei debiti.

Abbiamo l’abitudine, noi esperti del settore, a dare le colpe a dei fattori socio economici che in qualche modo assolvono tutti. Fattori certamente validi e sacrosanti che individuano il problema e ne danno un contorno logico e comprensibile. Elementi che variano dalle malattie improvvise che necessitano di cure costose, alle separazioni che provocano la necessità di ricostruire la propria vita partendo da nuove sistemazioni e costi non previsti all’atto della decisione di formare una famiglia. Incidenti professionali o perdita del lavoro, o perdita di denaro causata da incauti investimenti o peggio da truffe subite da parte di persone di cui ci si fidava. Infinite ed in fondo ripetitive motivazioni che intralciano il corso sereno e monotono della vita di ognuno, che hanno come risultato sempre e solo il realizzarsi di una condizione di sovraindebitamento.

Insomma ci troviamo pieni di debiti ma non è quasi mai colpa nostra. Ed in fondo è vero se la chiave di lettura è quella per cui tutto quello che di negativo ci accade in fondo non lo vogliamo. Certo non vogliamo essere truffati, non ci sposiamo per separarci, non andiamo a lavorare per ritrovarci disoccupati, non investiamo dei soldi per perderli e via andare all’infinito in un elenco di eventi che non vogliamo e quindi non devono essere indice di nostra responsabilità.

Epperò…

In tutto questo susseguirsi di episodi infelici, noi, dove siamo? Ecco, noi spesso siamo distratti, siamo disabituati o per meglio dire non siamo abituati affatto a cercare di prevenire quello che non riusciamo ad immaginare.
Viviamo giorno dopo giorno come se dovessero essere per forza di cose tutti uguali. Facciamo progetti e programmiamo spese come se quello che guadagniamo oggi lo guadagneremo per forza di cose anche domani. Perché no? In fondo ci auto autorizziamo a pensare che sia sufficiente non azzardare troppo e non cambiare abitudini per garantirci la benedizione del cielo a renderci immuni da imprevisti che possano cambiare drasticamente la nostra esistenza.

Ma gli imprevisti capitano e per quanto ci affanniamo a comprendere (sempre troppo tardi) il perché, di tali infausti accadimenti, per quanto tentiamo di cercare improbabili responsabili pur di non dichiararci in qualche modo colpevoli, ad esserne vittime siamo sempre noi in prima persona, salvo non trascinare nel peggiore dei casi i nostri, famigliari, genitori, figli e consorti.

Che fare?

Da qualche anno esiste in Italia una legge che ci aiuta ad uscire da questa condizione è la ancora poco conosciuta Legge3 del 2012, una Legge che il nostro Paese ha adottato per ultimo tra gli stati del mondo, nonostante da noi sia molto più utile che altrove. Mi ricollego a quanto ho premesso.

La tendenza a riempirci di debiti, deriva da una totale mancanza di educazione finanziaria dovuta all’origine ad una incapacità ad immaginare eventi futuri diversi da quelli che desideriamo, mantenendo senza troppa fatica, una visione del nostro orizzonte non troppo lontano. Rifiutando il rischio, allontanando da noi il pensiero che un giorno il nostro lavoro non ci sia più, o quello che ciò che sappiamo fare non serva più a nessuno, rifiutiamo anche l’idea di dover affrontare l’impegno di accrescere le nostre conoscenze, la fatica di riprendere a studiare o a riqualificarci o ad imparare nuovi mestieri. Allontanando da noi il pensiero che la nostra famiglia un giorno potrebbe disunirsi, o che qualche incidente di percorso ci obblighi ad affrontare difficoltà estenuanti, rifiutiamo il sacrificio di rinunciare a piaceri che solo troppo tardi ci rendiamo conto essere effimeri.

Ma tutto questo accade e accade spesso, accade quasi a tutti. Chi si salva? La risposta è evidentemente facile, quanto fastidiosa. In questi casi si salvano solo quelli che affrontano la vita come una continua sfida, non contro il mondo ma contro se stessi.

Contro il mondo si perde sempre, contro se stessi, si vince sempre.

Sfidare se stessi, significa non cedere alle tentazioni di sentirsi stanchi anche dopo non aver fatto niente di speciale. Non cedere alle tentazioni di autorizzare se stessi a riposare più di quanto non si sia lavorato. Non è una predica né tantomeno un J’accuse, ma di certo un tentativo di sprone. Troppo spesso si incontrano persone oneste, lavoratori dignitosi, padri di famiglia premurosi, imprenditori infaticabili che però hanno in comune una sola caratteristica: tutti colpiti dalla sfortuna. “Dottore, ho firmato a garanzia per mio fratello ed ora che ha fallito, la banca ha messo all’asta la mia casa”. “Dottore, mi sono separato, ho dovuto lasciare la casa alla mia compagna e con il mantenimento per il figlio non ho soldi per vivere”. “Dottore, il mio principale cliente non mi paga da sei mesi ed ho dovuto chiudere l’azienda perdendo tutto”. “Dottore, ho acceso un mutuo a 30 anni per l’acquisto di una casa ed ora ho perso il lavoro e non riuscendo più a pagarlo, l’immobile è all’asta”.

Lungi da me puntare il dito perché tutti abbiamo commesso errori di questo tipo, ed io non ne sono esente.
Quello che però vorrei sottolineare è che non esistono “sfortune”, non esistono “colpe di altri” e non esistono assoluzioni. Esiste solo la diseducazione finanziaria. Mai dico mai, ho incontrato persone vittime solo di uno di questi errori. Oltre al mutuo, si aggiungono finanziarie, cartelle di equitalia, cessioni del quinto e prestiti per l’acquisto di auto o altro. Tutti innocenti? Direi più tutte vittime inconsapevoli di se stessi con l’idea che il mondo si può comprare a rate e che un evento sfortunato lo si possa affrontare con altre rate.

Il cattivo marketing

Tutti facili prede del cattivo marketing, quello che ci spinge a spendere soldi che non abbiamo per comprare cose che non ci servono. Quello che ci convince a fare debiti per comprare rifiuti. Oggetti di nessun valore che ci vendono bene, che paghiamo con lo sconto e che se telefoniamo per primi (chissà perché le prime telefonate durano anni) il secondo è gratis. Ma se telefoniamo anche per secondi il terzo lo paghiamo la metà. Pelatutto, tritatutto, palestre, cyclette, stufette, materassi, poltrone, mutande magiche, reggiseni bionici, erbe, creme, e quanto di più fantasioso e inutile dalla Cina si possa importare. Oggetti che durano meno del tempo che serve per importarli e che dopo due giorni comunque non usiamo più. Oggetti che valgono un euro ma a 49 se telefoniamo per primi ce ne danno due. E di rata in rata, di finanziamento in finanziamento, non ci restano più i soldi per pagare il mutuo o il dentista, le tasse o gli alimenti e dimentichiamo che le rate prima o poi dobbiamo pagarle, che accendere altri prestiti per pagare i prestiti già accesi, significa stringere la corda al collo che ci siamo comperati anch’essa a rate.

E’ un inferno che non riusciamo a lasciare e lo dimostra il fatto che la stragrande maggioranza dei nostri clienti preferirebbe poter accendere un nuovo prestito piuttosto che affrontare una procedura di esdebitamento.

Benedetta sia la Legge 3 dovremmo concludere! Eccerto! Sia benedetta, ma attenzione, la Legge 3 è un’occasione che non dobbiamo lasciarci sfuggire, ma è un treno che non passa sempre ed è uno strumento che dobbiamo sfruttare non solo per poter, fra qualche anno, ritornare a fare prestiti (obiettivo principale dei nostri clienti) ma per imparare a gestire le nostre finanze piccole o grandi che siano.

Alle elementari insegnavano educazione civica. Serva la Legge 3 ad insegnare l’educazione finanziaria.

Jimmy Greselin

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