di Maurizio Dal Santo

Nella vita non c’è nulla di più costoso della malattia… e della stupidità. La frase è di Sigmund Freud (1856-1939), fondatore della psicoanalisi, che già un secolo fa aveva capito ciò che ancora oggi è il vero problema della nostra società.

Concetto più che mai attuale visto quanto sta accadendo ai tempi del Coronavirus – Covid-19 dove la popolazione sta pagando un costo sociale, di vite umane ed economico che non ha precedenti nella storia recente dell’Italia e dell’intero pianeta e dove la stupidità di chi è chiamato a guidare l’emergenza è pari solo all’insipienza ed alla loro incapacità di assumersi le responsabilità che i ruoli che ricoprono richiederebbero.

Da settimane sentiamo le contumelie di personaggi, che ci dicono che questo non è il tempo delle polemiche, che per queste ci sarà spazio a fine emergenza.

No! Non è più accettabile perché l’emergenza non terminerà con l’indice di contagio zero, ma come sostengono i virologi indipendenti, col Covid19 dovremmo convivere sino a quando non ci sarà un vaccino che possa essere disponibile per l’intera popolazione mondiale. Tutti gli scienziati concordano nel dire che, nella migliore delle ipotesi, servirà un anno per questo vaccino.

Quindi, che fare?

L’economia reale, le attività economiche.

Il lockdown è attivo ormai da quasi due mesi costringendo alla chiusura totale le Aziende produttive, i negozi, i pubblici esercizi e tutte quelle attività che non rientrano nella filiera dei beni di prima necessità.

La maggioranza.

Il Governo ci dice che il lockdown proseguirà fino al 3 maggio con ridicole concessioni di apertura a cartolerie, librerie e negozi per bambini o con la possibililità – ancora non chiara – che alcune categorie possano riaprire dopo il 27 aprile. Vedremo.

Nel frattempo corrono gli affitti, le bollette, gli stipendi, le fatture dei fornitori e tutta una serie di costi che è inutile ricordare.

Si obietterà che i super mega esperti ci dicono che così si deve fare, punto. È possibile che costoro, ricordando che la magistratura in Italia ha indagato i sismologi per non aver predetto i terremoti (sic!), probabilmente per non incorrere in simili “disavventure”, preferiscano mantenere la chiusura piuttosto che rischiare di essere forse indagati per attentato alla salute o, peggio, certi di essere linciati mediaticamente.

È bene però, ribadire alcuni concetti di prevenzione con una premessa.

Nel mondo dell’Impresa, produttiva o commerciale che sia, così come in qualsiasi attività economica o professionale, è il capitale umano la componente di maggior valore e questo è un dato ben noto agli Imprenditori, i quali difficilmente metterebbero a rischio la salute dei loro dipendenti.

Gli esperti scientifici, da settimane predicano il “distacco sociale” quale primaria forma di riduzione del contagio. Non potendo sempre attuare questo principio, le alternative sono rappresentate dall’uso dei dispositivi di protezione individuale (dpi) i quali, tuttavia, devono essere utilizzati secondo le prescrizione di legge.

Le nostre Imprese, le nostre Aziende sono assistite da decenni da Professionisti che si occupano di sicurezza negli ambienti di lavoro, Professionisti che sono in grado di valutare il rischio e di predisporre piani di sicurezza in grado di garantire condizioni accettabili di rischio per il lavoratore (il rischio zero non esiste).

Laddove questi piani attestino che, seguendo le idonee prescrizioni, in quel luogo si può lavorare, quell’Azienda deve poter riaprire immediatamente. Diversamente molte Imprese non riapriranno, falliranno lasciando nella disperazione i lavoratori. È questo che vogliamo?

Nel settore del commercio, esclusi i grandi Gruppi, il piccolo negozio in genere non è strutturato come le Imprese, ma le Associazioni di categoria possono attivarsi per la formazione degli addetti ai lavori in materia di sicurezza, sulle procedure e modalità di accesso al negozio da parte sia degli operatori, sia della clientela (formazione a distanza, ovviamente). Fatto questo anche loro dovrebbero ripartire subito, senza inutili tentennamenti perché, vien da chiedersi, che differenza ci sia tra l’andare al supermercato dove possono entrare migliaia di persone al giorno ed andare a comprare un paio di scarpe in un piccolo negozio dove al massimo entrerebbero forse dieci persone al giorno?

In effetti una differenza ci sarebbe. Se aspettiamo il rischio zero, cioè se aspettiamo ancora, se come annunciato in queste ore dal Governo le aperture per parrucchieri, estetisti, bar, ristoranti, i piccoli negozi dovranno attendere il 3 giugno, molti di loro non rialzeranno la serranda. Ancora, è questo che vogliamo?

Mascherine e guanti, il rimedio dei neo esperti

Detto delle attività economica, non meno importante è l’atteggiamento che devono e dovranno avere ancora per mesi le persone che sono e saranno chiamate al rispetto degli obblighi di distanziamento sociale e al rispetto di quelle norme di igiene personale che dovrebbero essere ordinarie nella vita di tutti i giorni, Covid o non Covid, oltre all’uso degli ormai famosi dpi.

Sul tema dell’uso di mascherine e guanti in lattice, purtroppo, si apre una discussione infinita che per spiegarla esaustivamente, si dovrebbero introdurre una serie di note tecniche che, per quanto qui di interesse, vi risparmiamo. Ci limiteremo alle questioni principali.

Sin dall’inizio tutti i virologi, gli infettivologi, l’Istituto Superiore di Sanità fino all’Organizzazione Mondiale della Sanità ci hanno spiegato fino all’esaurimento che l’uso delle mascherine ffp1 (le comuni mascherine chirurgiche) è consigliato a persone che risultino positive al Covid-19 per evitare la dispersione nell’ambiente circostante dei droplet (gli sputacchi) che vengono normalmente emessi durante il parlare delle persone, mentre le mascherine ffp2 e le ffp3 sono dispositivi che devono essere indossati dal personale sanitario e da persone che siano in contatto con malati Covid-19. Queste ultime tipologie di mascherine, tuttavia, proteggono chi le indossa dai patogeni esterni, ma non viceversa.

Le mascherine chirurgiche ffp1 omologate secondo gli standard internazionali, per una corretta informazione, hanno una capacità filtrante di almeno l’80% delle particelle sospese nell’aria e una perdita verso l’interno minore del 22% e, per la maggior parte, sono monouso. Non sono idonee per la protezione da agenti patogeni che si trasmettono per via aerea. L’uso delle mascherine di protezione deve essere inoltre accompagnato dall’assoluto rispetto di appropriate norme igieniche: in particolare, è necessario lavare le mani prima e dopo aver tolto la mascherina, e smaltirla in modo idoneo, gettandola in un sacchetto che andrà chiuso e gettato nei rifiuti non riciclabili, per evitare così il contatto della mascherina con le superfici oppure da parte di altre persone.

Trascurare o non rispettare queste semplici norme può tradursi in un rischio aggiuntivo. Anche quando si indossa la mascherina, è necessario comunque mantenere un’adeguata distanza sociale nonché limitare il più possibile il tempo di interazione con le persone malate.

In considerazione del difficile reperimento delle mascherine e del loro assurdo costo, in rete si trovano alcune istruzioni per “sanificare le mascherine” utilizzando alcol o altri disinfettanti. Questi trattamenti sono sconsigliati perché non vi è alcuna prova scientifica della loro efficacia, oltre al possibile rischio di venire in contatto con il virus o deteriorare la stessa mascherina.

Sentire un Presidente di Regione dire che l’estensione dell’uso di tali dispositivi anche all’aria aperta è utile perché grazie a tale uso “solo 1,3% dei medici si è infettato, alla faccia degli scienziati che dicevano il contrario”, un po’ la pelle d’oca la fa venire.

Ilaria Capua, nota virologa di fama internazionale, una che parla tutti i giorni coi virus, un’esperta che fin dall’inizio non si è mai schierata né coi minimalisti, né coi catastrofisti, ma ha mantenuto un giusto equilibrio nelle valutazioni della pandemia, alcuni giorni fa, ospite in TV, disse che “si la mascherina è una barriera fisica che limita la diffusione dei droplet, ma non da garanzie considerato che i virus sono micro organismi che sono difficili da fermare”. Richiesta di un parere anche sull’uso dei guanti, rispose ricordando un aneddoto “mia nonna mi diceva sempre di non usare i guanti perché sono un ricettacolo di batteri”. Incalzata dal conduttore la virologa concluse con un “io la mascherina ed i guanti non li metto” (nel quotidiano, ndr). Ma, in fondo, che ne sa la Capua?

Fortunatamente a salvarci ci sono i Presidenti di Regione ed i Sindaci che, forse a causa della loro incontrollata ipocondria, ci obbligano o ci obbligheranno ad usare tali dispositivi di protezione individuale anche quando ciò sia scientificamente inutile come utilizzarli in ambienti esterni, all’aria aperta.

Tanto le mascherine ed i guanti, ammesso che si riesca a trovarli, ce li paghiamo noi e, precisando che devono considerarsi monouso e che le mascherine chirurgiche non possono essere usate per più di 4 ore, a 2 euro l’una, è una spesuccia che chi oggi non ha nemmeno da magiare per se e per la famiglia ci domandiamo come affronterà. C’è stato chi si è preso la briga di fare due conti dai quali è emerso che una famiglia composta di tre persona che abbiano necessità di uscire di casa per ragioni di lavoro, utilizzando una mascherina al giorno (scientificamente e tecnicamente sconsigliatissimo), in un mese spenderebbe circa 300 euro, costo che lieviterebbero a 500 euro se si usassero almeno due mascherine al giorno, come consigliato, peraltro.

Fa tenerezza vedere persone sole in macchina girare con mascherina e guanti, fa impressione vedere persone usare mascherine sporche da giorni di utilizzo, vedere che chi le indossa continua a toccarle (ma con i guanti, beninteso) con le mani che toccano ogni cosa, indispettisce vedere pure i medici, oltre alle persone comuni, che in TV appaiono con la mascherina sotto il mento – viene prima l’immagine, ovvio – esempio di ciò che non si deve fare.

Sia ben chiaro: con questo non si vuol dire che non devono essere utilizzati questi dispositivi, anzi, in ambienti confinati ed in presenza di numeri elevati di persone come i centri commerciali, i mezzi pubblici di trasporto, ecc., questa prevenzione può essere utile.

Quel che manca, come spesso accade, è il buonsenso

Abbiamo bisogno di competenze e di decisori lungimiranti, possibilmente in numero limitato, non come gli attuali 240 che assistono il solo Governo del Paese, con un’idea di Stato, con un piano economico realistico ed attuabile domani perché tra due giorni sarà tardi, con una strategia di sviluppo commisurata alle molte potenzialità ed eccellenze nazionali. Insomma, capaci di concretizzare la loro visione di futuro.

In pratica, avremmo bisogno di quello che in Italia manca da qualche decennio.

Diversamente, lascino fare agli italiani che, in genere, sono più avanti di chi li vuole amministrare.

Maurizio Dal Santo

 

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