di Patrizia Casale

Venticinque anni oggi dalla morte di Mia Martini. La grande cantante di Bagnara Calabra, dalla voce unica e dall’eccezionale carica interpretativa, neanche all’apice del suo successo fu mai troppo capita da alcuni ambienti della musica italiana. Ed oggi, davanti a tutte le celebrazioni in ricordo della sua scomparsa, ci piace immaginarla sempre modesta, schiva, con quel suo sorriso dolce e un po’ amaro e quell’espressione un po’ dolente quasi a dire «grazie ma io non merito tutto questo».

E invece lei avrebbe meritato molto di più delle semplici commemorazioni e degli speciali. Giornali, radio, tv le stanno rendendo omaggio; stasera Rai Uno alle 21,15 riproporrà la fiction “Io sono Mia” interpretata da Serena Rossi e andata in onda con successo lo scorso anno. Critici, opinionisti, cantanti e molti altri ricordano la sua grandezza. Alcuni, magari, sono proprio quelli che tanti anni fa le voltarono le spalle dopo quella brutta nomea di portare jella che le venne appiccicata addosso per invidia e cattiveria.

E lei, interprete di successi straordinari come “Piccolo uomo” o “Minuetto” o “Libera”, con i quali aveva sbancato le classifiche italiane ed europee, nel 1983 fu costretta a scomparire perché il mondo della musica non la voleva. Per più di un decennio visse su una paurosa altalena, sempre su e giù, fra cambi di etichetta (dalla Ricordi alla RCA e poi alla Warner Bros) controversie con i discografici causate da alcuni pezzi che non la convincevano, stratosferiche penali pagate alla Ricordi che la gettarono sul lastrico. E sullo sfondo l’amore tormentato con Ivano Fossati, musicista ed autore, con il quale nacque un grande feeling artistico culminato con i successi del brano “Vola”, dell’album “Danza”, uno dei suoi più belli (che contiene e “La costruzione di un amore”). Un amore però pieno di anche di gelosie e aspri dissidi che segnarono profondamente la sua vita. Come la perdita della voce per un anno riacquistata dopo due interventi chirurgici.

Non basta a Mia Martini tornare a Sanremo nel 1982 con la struggente “E non finisce mica il cielo”, scritta proprio da Ivano Fossati, non le basta vincere il Premio della Critica, istituito per lei dalla sala stampa per tributare il posto che meritava e che le classifiche dei festival le negavano apertamente. Sul finire del 1983 Mia Martini decide di ritirarsi dalle scene perché la sua vita artistica era diventata impossibile, tutte le porte si chiudevano davanti a lei. Sarà un pezzo del 1972 rimasto chissà perché chiuso in un cassetto a favorire la sua risalita: la splendida “Almeno tu nell’universo” scritta da Bruno Lauzi e Maurizio Fabrizio. Mia non vince, arriva addirittura nona, ma si aggiudica un nuovo Premio della Critica. La canzone però conquista il pubblico: Mia Martini torna ad essere una stella di prima grandezza e ritorna con forza nel cuore della gente.

Da allora Mimì non si fermerà più. “La nevicata del 56”, la splendida “Cu mmè” con Roberto Murolo; “Gli uomini non cambiano”. E poi tour, dischi d’oro, l’Eurofestival e nel 94 “La musica che mi gira intorno”, straordinarie cover dei pezzi più amati. Nella tarda primavera del ’95 comincia un tour, ma qualcosa non va, Mia si sente male due volte e viene ricoverata, poi torna a casa a Cardano al Campo in provincia di Varese dove si era trasferita dopo la storica riconciliazione con il padre. Domenica 14 maggio la trovano morta. Da due giorni.

Sola.

Patrizia Casale

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