Partiti politici sostituiti da lobbies e fondazioni economiche, con il ‘Dio denaro’ che siederà direttamente sul trono a governare l’Italia. E’ il risultato diretto dell’inadeguateza degli esponenti politici deputati a governare lo Stivale, la cui incapacità ha fatto emergere una immaturità politica ed una disinvoltura programmatica che raramente la Storia repubblicana aveva visto.
Mercoledi’ 11 aprile mentre le ombre della sera avvolgevano il Quirinale, Sergio Mattarella era angiosciato.
I colloqui avuti con i principali partiti, nel difficile compito di dare un Governo al Paese lo avevano annichilito: veti incrociati, assoluta non conoscenza dei vincoli imposti all’Italia dai trattati Nato, aperture improvvisate a Putin, non consapevolezza della gravità della finanza pubblica e dell’urgenza di essere presenti nel dibattito europeo sull’unione bancaria e sulla riforma dei trattati costitutivi, inquietavano la mente di un uomo abituato a confronti politici di ben altro spessore.
Ma il Presidente mite nell’apparenza, duro nelle posizioni, nella notte insonne decide di partire all’attacco e di suonare il campanello di fine ricreazione. E’ in quel momento che sceglie di rivolgersi ad un esploratore (Elisabetta Alberti, presidente del Senato e probabilmente in una seconda battuta, a stretto giro coinvolgerà anche Roberto Fico, presidente della Camera) che decide di chiudere la partita in tempi brevi viste le urgenze internazionali e di mettere tutti di fronte alle proprie responsabilità prima di giocare in prima persona la partita.
Il presidente vuol capire se i due scenari possibili (un governo Centro destra con Movimento 5 stelle o un Governo 5 stelle sostenuto (anche a tempo ) dal Pd abbiano una qualche probabilità di realizzarsi. La risposta è che presumibilmente nessuno dei due scenari decollerà. In cuor suo Mattarella ha capito che gli interlocutori si sono avvitati in una spirale pericolosa. Ognuno recita una parte senza troppa convinzione, quasi nella paura di dover sul serio governare. Perchè governare oggi questa Italia inquieta ed aggressiva, impaurita e chiusa in se stessa, non può non creare in nessuno che sia lucido di mente una qualche titubanza.
Mattarella sa che adesso comincerà il percorso della terza repubblica (chi scrive lo preannunciava su questo sito due giorni prima delle elezioni); la Seconda Repubblica, agonizzante da tempo, infatti è stata seppellita dal voto del 4 marzo. Si tratta di capire chi lo determinerà e quali siano le condizioni necessarie per una svolta positiva.
Il Centro destra, come ampiamente previsto, esiste come icona ma non ha più alcun collante politico: la sconfitta di Berlusconi ad opera di Salvini non è stata rielaborata ma Salvini non può permettersi di rompere con lui e di impossessarsi, per annessione, di Forza Italia, almeno per qualche tempo. Salvini ha smesso i toni duri della campagna elettorale, appare più conciliante, ha rinunciato a guidare il Governo (mossa intelligente) vuol diventare il leader di un partito unico di centro destra, una sorta di Lega Italia già auspicata da Toti e Donazzan. Ma ha bisogno di tempo e, soprattutto, di non cadere negli errori fatti da altri politici vicini a Berlusconi che tentarono di prenderne il posto apertamente. Ha vicino a sé una delle poche intelligenze politiche esistenti, Giancarlo Giorgetti, che lo sta guidando con saggezza nel mare in tempesta della crisi politica, ma manca di una visione lungimirante in politica estera e non ha creato legami europei se non con l’ala lepenista. La sua presenza qualche mese fa a Coblenza ad una grande convention dell’estrema destra europea pesa come un macigno sulla sua affidabilità agli occhi delle capitali europee che contano.
I 5 stelle,figli di una cultura della democrazia diretta del Web , si sono affidati all’uomo solo al comando: colpisce l’estrema disinvoltura con cui hanno modificato il programma elettorale e le recenti posizioni europee quasi fossero inutili orpelli. Il veto su Berlusconi non li aiuta e sembrano essersi complicati da soli la vita, ma probabilmente devono fare i conti con una base “giacobina” in cui il bene ed il male assoluto sono miti molto forti. Peccato che in politica portino al disastro. Le probabilità che Di Maio diventi presidente del Consiglio sono praticamente azzerate.
Il Pd, dopo la disfatta elettorale, ha scelto per un mese di stare a guardare. Renzi, imitando il ragazzino che perde la partita e si porta via il pallone, forte però del controllo (momentaneo) su una parte del gruppo parlamentare e dell’assemblea del partito, ha imposto di non dialogare con nessuno chiudendosi nella opposizione. Opposizione a che cosa resta un mistero, visto che un Governo è ancora da farsi. Ma in un sistema proporzionale ( e tutti se ne sono dimenticati) vige la regola del dialogo programmatico tra le forze politiche. Nessuna esclusa. Oggi l’unico che ha un minimo di visone nel Pd, Carlo Calenda ,ha rotto senza indugi, il silenzio: propone un governo di transizione che nasce dal fallimento del dialogo tra centrodestra e 5 stelle ,sostenuto da tutti, per un tempo definito e con un programma limitato alle scadenze europee alla legge di bilancio e alla riforma della legge elettorale.
Gli elettori il 4 marzo avevano dato molta forza ai 5 stelle ed alla Lega. Ma non la forza sufficiente a vincere. Questo forse non è chiaro ai leaders dei due partiti, più a Di Maio che a Salvini in verità. E’ emersa una immaturità politica ed una disinvoltura programmatica che raramente la Storia repubblicana aveva visto. E di questo la società italiana, nelle sue componenti più responsabili ed attente al bene comune, se ne sta rendendo conto ed ha capito di dover accollarsi sulle spalle molte scelte economiche e sociali. Questi 44 giorni trascorsi dalle elezioni ci consegnano definitivamente l’irrilevanza del nostro sistema politico che prima sarà cambiato meglio sarà per tutti. Mattarella se ne è convinto. Ci sono, a questo punto, due scenari:
Il primo. Poche forze politiche attuali resisteranno, perché chi si dimostra inadeguato viene spazzato via anche se nuovo. Probabile nascano nuove forze politiche dalla dissoluzione di quelle esistenti: verrà un po’ di mal di testa nel vedere scomposizioni, ricomposizioni ,nascita di nuove forze politiche. Magari rinsavite all’insegna delle buone tradizioni politiche e di una nuova legge elettorale a questo punto maggioritaria a doppio turno per dare maggiore stabilità al Parlamento.
E questo processo potrebbe essere facilitato dal Governo del Presidente che è sempre più probabile davanti a noi e che coincide, in parte, con il Governo di transizione di cui parla Calenda.
Da un Governo del genere, che consentirebbe di stare con dignità in Europa, ci sarebbe una forte spinta al radicale cambiamento dei Partiti che vediamo trascinarsi con fatica e poca lucidità, probabilmente perché non hanno più nulla di nuovo da dire. Evaporati velocemente in un contesto che brucia tutto in fretta.
Il secondo scenario,molto insidioso, di questa Terza repubblica: la possibile fine dei partiti come pilastro della democrazia. Si affaccia la loro sostituzione con lobbies, fondazioni economiche o culturali espressioni di portatori di interesse, categorie economiche. Tutti questi soggetti diverrebbero veri comitati elettorali in vista dei prossimi appuntamenti elettorali di rinnovo del Parlamento.
Non uno scenario auspicabile ma che sta prendendo corpo nelle stanze di chi detiene il potere vero, quello del denaro.
Edmond Dantes