di Nicola Perrone

La morte di Papa Francesco, i suoi funerali alla presenza di 400mila persone e di tutti i potenti del mondo. Poi il Conclave, con tutti ma proprio tutti, scommettitori e vaticanisti esperti, che avevano già deciso: il prossimo Papa sarà italiano. E invece, cucù, è arrivata l’elezione di Papa Leone XIV, il primo Papa americano di Chicago che per vent’anni ha vissuto in Perù dedicandosi ai cattolici e agli ultimi di quel paese. “Sono figlio di Sant’Agostino”, ha detto nel suo primo messaggio. Sant’Agostino, padre della Chiesa, arrivato tardi alla fede e ad affidarsi completamente a Dio dopo una giovinezza sfrenata, di sesso e vizi.

Papa Leone XIV non è Francesco, come ha titolato un giornale di destra per sottolineare la ‘non vittoria’ di chi puntava alla continuità col vecchio pontefice. Già dai primi atti si notano le differenze, è tornata la tradizione negli abiti, nella messa cantata anche in latino. Come dire, e spero di non peccare, si è tornati un po’ all’antico religioso, che il quotidiano di Papa Francesco aveva messo di lato preferendo una relazione più orizzontale, terra terra insomma; mentre Papa Leone XIV il suo faccia a faccia lo accompagna sempre alzando lo sguardo a Dio, lassù nel cielo. È ancora troppo presto per giudicare il nuovo pontificato, ma si può già dire che Papa Leone XIV quello che avrà da dire lo dirà, ora e sempre, senza paura o temendo il giudizio dei potenti del mondo, quelli che agiscono secondo ragioni elettorali e che della verità non solo se ne fregano ma la calpestano. Papa Leone ha voluto incontrare subito i giornalisti, rappresentanti dei media di tutto il mondo, ai quali ha rivolto parole di incoraggiamento e di attenzione: “Il modo in cui comunichiamo è di fondamentale importanza: dobbiamo dire no alla guerra delle parole e delle immagini, dobbiamo respingere il paradigma della guerra” ha detto, aggiungendo: “Solo i popoli informati posso fare scelte libere… permettetemi di ribadire oggi la solidarietà della Chiesa ai giornalisti incarcerati per aver cercato e raccontato la verità, e di chiederne la liberazione… La Chiesa riconosce in questi testimoni – penso a coloro che raccontano la guerra anche a costo della vita – il coraggio di chi difende la dignità, la giustizia e il diritto dei popoli a essere informati, perché solo i popoli informati possono fare scelte libere”.

Il Papa americano sicuramente si dovrà misurare col Presidente Trump, che in una immagine diffusa sui social prima dell’elezione del nuovo pontefice, e a lui molto cara, si vede vestito da Papa, che difficilmente riuscirà ad accettare che ci sia nel mondo una personalità più importante di lui. Intanto è insorto il suo ‘cane rabbioso’ Steve Bannon, che ha definito Papa Leone XIV una sciagura per i suoi amici americani, un altro comunista che vuole distruggere il credo consumista americano. Ne vedremo delle belle questo è certo. Ragionando sulle sfide che ci sono davanti, sulle guerre in corso e alle stragi di tanti innocenti a Gaza, in Ucraina e nelle altre parti del mondo, mi è venuto in mente una persona che mi sta tanto a cuore: Pepe Mujica, guerrigliero da giovane, che dopo 14 anni di carcere si è messo a fare politica diventando non solo il più popolare e famoso presidente dell’Uruguay, ma un grande leader della sinistra in tutta l’America Latina. Mujica, seppur non credente, per le cose che ha detto negli anni ha molti punti di contatto col nuovo pontificato. Parlo di lui con tristezza, dopo aver appreso che a 89 anni sta morendo, ‘il guerriero ha diritto al suo riposo’. Lo ha annunciato lui stesso prima dell’ultima fase con le cure palliative. Vuole essere sepolto sotto un albero che ha piantato nel suo giardino accanto al suo cane. Quello che più mi ha colpito del suo ultimo messaggio è l’addio “ai miei connazionali. È facile avere rispetto per chi la pensa come te, ma bisogna imparare che il fondamento della democrazia è il rispetto per chi la pensa diversamente… Vi bacio tutti”. Parole semplici, nate dal cuore, dirompenti. Che si accompagna alla lezione che gli ha riservato la vita: “Abbiamo pensato a fare la rivoluzione – cito a memoria- volevamo cambiare tutto e tutti…  appartengo a una generazione che ha commesso il terribile errore di non voler cambiare prima se stessa”. Pochi anni orsono, da presidente dell’Uruguay, davanti a tante altre autorità del mondo parlò della ricchezza di pochi e della miseria dei più, dello sviluppo consumista che sta avvelenando il nostro pianeta, della corsa sfrenata ad accumulare sempre più cose sprecando l’intera nostra vita. Che è unica. Con esempi concreti: “… se gli Indù volessero e avessero la stessa quantità di auto che hanno i tedeschi, quanto ossigeno resterebbe per poter respirare? Questo mondo possiede elementi per rendere possibile la vita di otto miliardi di persone ma è impossibile che possano sostenere lo stesso grado di sviluppo, di consumo e di sperpero che hanno le società più opulente. Questo mondo è frutto dell’economia di mercato che ha creato una società di mercato… ma è possibile parlare di solidarietà e di stare tutti insieme in un’economia basata sulla competizione spietata?… L’uomo non governa più le forze che ha sprigionato, queste forze governano l’uomo e la vita… E la vita mi scappa via lavorando e lavorando per consumare sempre più e questo iper consumo deve generare cose che durano sempre meno perché si deve vendere tanto… I miei compagni lavoratori lottarono molto per ottenere le 8 ore di lavoro. E ora stanno ottenendo le 6 ore, poi cercano due lavori, quindi lavorano di più, perché devono pagare sempre più rate per le cose che comprano, quando finiscono di pagare la vita è andata via. E’ questo il destino dell’umanità? Lo sviluppo non può essere contro la felicità. Deve essere a favore della felicità, dell’amore per la Terra, delle relazioni umane, di prendersi cura dei figli, di avere amici, di avere ciò che è necessariamente fondamentale. La vita è un miracolo, la vita è un regalo, e ne abbiamo solo una”. Avercene di leader come lui.

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