Il controllato che controlla il controllore è purtroppo una pratica diffusa nella pubblica amministrazione italiana. Una distorsione del sistema che spesso fa comodo a pochi e che danneggia i più.

Mai prima d’ora, tuttavia, si era arrivati al paradosso registratosi proprio in queste ore nella scuola: gli studenti daranno i voti ai professori. A favorire questa chiara contraddizione del sistema giuridico e didattico peninsulare, l’applicazione della legge 107/2015, quella sulla Buona scuola, da parte di alcuni istituti superiori collocati tra l’Emilia Romagna, il Veneto e il Piemonte. Qui, dei comitati di valutazione incaricati di assegnare ai docenti i23mila euro di bonus premiale introdotti dalla norma, faranno parte pure gli alunni e i rispettivi genitori.

In pratica, i professori saranno ostaggio dei propri discenti e delle rispettive famiglie. Assegnare un’insufficienza o, addirittura, bocciare un giovane potrebbe significare esporsi a una ritorsione capace di comprometterne le legittime aspirazioni economiche. Ancora più beffarda, la disposizione di legge, se si pensa che gli studenti non posseggono in alcuna maniera le competenze necessarie a pesare l’operato dei propri docenti. Se le detenessero, sarebbero posti quanto meno sul loro stesso livello e, a questo punto, non si capirebbe perché mai debbano andare a scuola (obbligatoriamente fino ai 16 anni d’età) per essere formati e valutati da persone che ne sanno quanto loro.

Lecito domandarsi, ancora, quale garanzia di competenza possano assicurare le famiglie. Soprattutto quelle che, con tutto il rispetto per le condizioni e le scelte individuali di ognuno, non hanno un adeguato bagaglio culturale.

Come ricorda l’Anief, “la stampa nazionale ha fornito i nomi delle scuole dove è stato deciso di attuare la procedura della scuola al contrario. Ci sono anche le domande, sino a 20, cui i discenti devono rispondere per giudicare i loro professori di scuola superiore: il tuo insegnante riesce a coinvolgerti, è disponibile alle gite, corregge i compiti bene e in fretta? Dimostra attenzione verso lo studente? Sa tenere la disciplina in classe? In un istituto del Torinese, i questionari sono due: uno per i maturandi, uno per i genitori degli alunni al quarto anno. Poi ci sono le schede di autovalutazione per i docenti”, si legge in una nota del sindacato.

Anche se non è ancora chiaro quale sarà il peso di ogni parere sulla decisione finale dell’assegnazione del bonus annuale, è evidente che si tratta di un parametro che avrà comunque un grado di influenza. Il tutto, per soddisfare le indicazioni del ministero dell’Istruzione, che il mese scorso sull’argomento ha prodotto due documenti ufficiali: prima è arrivata la nota miur 1804 del 19 aprile, con la quale l’amministrazione ha indicato i criteri sul merito professionale, ricordando alle scuole quanto già previsto dalla legge 107/15 e soprattutto dal decreto legislativo 150/09. Qualche giorno dopo è stata pubblicata, dalla stessa amministrazione, una seconda circolare, la 4370. Che ha ribadito il concetto, di non utilizzare gli incentivi “non più a pioggia, ma solo ai professori ritenuti idonei”. Inoltre, alle scuole è stato chiesto di partecipare ad un monitoraggio online, al fine di catalogare l’operato delle scuole incasellandolo nel portale internet sulla valutazione realizzato appositamente

Partendo da quelle indicazioni, i comitati di valutazione entro lo scorso 6 maggio hanno prodotto i loro i criteri di valutazione per l’assegnazione del bonus. Ed è in questa fase che alcune scuole hanno fatto entrare in gioco il parere di studenti e dei genitori sull’operato dei loro prof. Introducendo, per la prima volta nella storia della scuola pubblica italiana, dei questionari con domande che sfiorano il grottesco: si è arrivati, ad esempio, a chiedere il nominativo di quello che gli studenti ritengono il loro migliore docente della classe.

Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal, comunque la si metta, questa organizzazione per assegnare del salario accessorio “si sta rivelando ogni giorno che passa un inno alla superficialità. Siamo all’assurdo: chi è valutato valuta. Senza dimenticare che va contro la legge, perché non c’è scritto da nessuna parte che gli studenti devono giudicare i loro insegnanti. Mentre chi è chiamato a valutare per legge, il docente, d’ora in poi dovrà pensarci bene nell’assegnare un voto negativo ai suoi allievi. Perché dovrà valutare cosa scriveranno questi ragazzi, nella scheda per l’assegnazione dei fondi del merito annuale. Noi rimaniamo convinti che i fondi del merito dovrebbero andare a premiare il surplus di lavoro svolto a beneficio degli alunni. E non dei presidi. Si tratta, però, di valutazioni che non può fare un alunno. Ancora di più, quando si tratta di ragazzi difficili o che provengono da famiglie in condizioni sociali disagiate. È chiaro che questo modo di fare non ci soddisfa”.

 

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