Con 106 voti favorevoli, 61 contrari e 11 astenuti, il Senato ha approvato il testo definitivo della riforma costituzionale sulla separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri. Il provvedimento, voluto fortemente dalla maggioranza di centrodestra, è ancora in fase di approvazione definitiva e con ogni probabilità dovrà passare attraverso un referendum confermativo, atteso tra la primavera e l’estate del 2026.
Cosa significa separare le carriere?
Attualmente giudici e PM fanno parte dello stesso concorso, condividono il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) e possono cambiare funzione nel corso della carriera (anche se accade raramente). La riforma vieta questi passaggi: ogni magistrato dovrà scegliere all’inizio se diventare giudice o PM, senza possibilità di cambiare in seguito. Verranno creati due percorsi professionali separati, con due distinti CSM e una nuova Alta Corte disciplinare.
I pro della riforma
I sostenitori ritengono che la separazione rafforzi la terzietà del giudice, che così non sarà più percepito come vicino al PM. Ciò garantirebbe una maggiore imparzialità e specializzazione, velocizzando i processi e migliorando la qualità del lavoro giudiziario.
I contro
I critici temono che la riforma possa indebolire la magistratura, esponendo soprattutto i PM a pressioni politiche. Il nuovo assetto potrebbe compromettere l’indipendenza delle indagini e, in prospettiva, politicitizzare la figura del PM, isolandolo dal sistema giudiziario. Inoltre, secondo alcuni, si perderebbe quella “cultura della giurisdizione” che nasce dal confronto tra funzioni diverse all’interno della stessa carriera.
Quando entrerà in vigore?
Anche se l’iter parlamentare dovesse completarsi nei prossimi mesi, è probabile che la riforma debba essere confermata con un referendum popolare. Solo dopo l’eventuale approvazione referendaria, prevista non prima del 2026, si potrà procedere alla modifica delle leggi ordinarie, rendendo la riforma operativa dal 2027.
E per i cittadini?
Gli effetti concreti si vedranno nel tempo. Una maggiore chiarezza dei ruoli potrebbe rafforzare la fiducia nella terzietà del giudice. Ma c’è anche il rischio che l’indipendenza del PM venga compromessa, con potenziali riflessi sull’equilibrio tra i poteri dello Stato e sull’efficacia delle indagini.
N.B.
