“Per il curioso i limiti scompaiono”. E’ il motto dello scledense Simone Salvagnin, ipovedente, che ha conquistato il titolo mondiale di paraclimb a Los Angeles.

Un oro che vale più del titolo stesso, perché il campione di casa nostra non è stato solo determinato nella conquista di paraclimber più bravo del mondo, ma gli è stata riconosciuta anche l’eleganza nella scalata.

La nazionale paraclimb fa sognare e Simone Salvagnin porta sul punto più alto del mondo anche l’Alto Vicentino.

Il movimento italiano da sempre è uno dei più sentiti a livello mondiale, con numerosi atleti che hanno scritto pagine e pagine di questo sport. Nell’ultima tappa di coppa del mondo IFSC a Los Angeles, gli azzurri sono tornati sui gradini più alti del podio, facendo sognare l’Italia ancora una volta.

Simone Salvagnin, oltre ad essere un grande atleta, è una delle parti più attive nella vita federale del movimento e ha conquistato il tanto desiderato oro dopo aver rifilato ben dodici prese al secondo classificato, l’atleta americano di casa a Los Angeles Connor Gearey.

Simone Salvagnin è anche portavoce della Carta dei diritti delle persone con disabilità dell’Onu. Affetto da retinite pigmentosa, Simone gareggia nella categoria non vedenti. “Arrampicarsi è un gesto creativo, che permette di esprimersi a tutti i livelli e con qualunque tipo di disabilità – ha spiegato – Non è solo agonismo, presenta anche connotazioni riabilitative”.

“Se il desiderio di conoscere è la tua spinta vitale non ci saranno né limiti né confini – dice da sempre Simone Salvagnin – Esistono sempre un luogo mai incontrato, una lingua sconosciuta, un’energia pronta a rivelarsi. Prima e anzitutto dentro te stesso. Da piccolo volevo caparbiamente capire come funzionasse tutto. È la dimensione che mi circonda e mi motiva anche oggi: percorro strade, Paesi, cime e note, alla ricerca della qualità nell’essenza delle cose. A 6 mila metri d’altezza, o a 11 mila chilometri da casa, punto all’intensità delle sensazioni, dei rapporti umani, del dialogo con l’ambiente e con le persone. Sono nato nel 1984 e dall’età di dieci anni i miei occhi sono affetti da una grave malattia degenerativa, la retinite pigmentosa, che mi ha reso, progressivamente, quasi del tutto incapace di vedere. Ma per un curioso, il limite non è un problema – conclude il campione – Chiede e cerca con gli strumenti che possiede. Parte. In qualche posto arriverà: sapere dove, fin dal principio, forse non è poi così importante”.

di Redazione Altovicentinonline

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