A volte il calcio decide di prendersi tutto: il cielo, il vento, la pioggia, i nervi saldi e il cuore. Al Menti, contro il Renate, è andata in scena una di quelle partite che non si dimenticano: non per lo spettacolo, ma per la battaglia. Una battaglia autentica, di fango e sacrificio, in cui il Vicenza ha mostrato quella qualità che distingue le squadre forti da quelle vincenti: saper soffrire senza perdere identità.

La pioggia cadeva già molto prima del fischio d’inizio, trasformando il campo in un terreno viscido e imprevedibile. Eppure sugli spalti, nonostante tutto, la curva cantava come se fosse una sera di primavera. Quel calore, quella fedeltà, hanno accompagnato i biancorossi fin dal primo pallone. E la squadra, come spesso accade nelle serate cariche di elettricità, ha risposto subito. Al 5’ Stuckler strappa il ritmo alla partita con una progressione che taglia in due la difesa lombarda: entra in area, testa alta, serve Capello e tutto il Menti trattiene il fiato. È un attimo, un’occasione che sfuma, ma dà subito la misura dell’intensità del Vicenza.

Il gol arriva al 10’ e racconta al meglio cosa significhi giocare con determinazione anche sotto il diluvio. Costa mette un pallone insidioso in mezzo, Nobile sbaglia l’uscita, la palla scivola tra una selva di gambe e rimbalzi impazziti. È una mischia, caotica e nervosa, un’immagine perfetta di questa gara. Poi, come un lampo, spunta Cuomo. Destro potente, deciso, che taglia la pioggia e finisce in rete: 1-0. La Curva si accende, il rumore sale come un’onda e il controllo al VAR non spegne nulla. Il gol è buono, il Vicenza è avanti. Il Renate prova a reagire, a rialzare il baricentro, ma trova un Lane solido, concentrato, guidato da un Gagno che al 30’ esce con sicurezza su Karlsson e dà un segnale a tutta la squadra: qui non si molla niente. Poco dopo, la traversa di Capello al 54’ fa pensare che il raddoppio sia vicino. Ma la partita resta sospesa, complicata, appesa a ogni rimbalzo. Il finale è un romanzo dentro al romanzo.

L’acqua scende senza tregua, le gambe diventano più pesanti, ma la testa deve rimanere lucida. All’88’ Spalluto cade in area e il Renate invoca il rigore: l’arbitro dice no. Il Menti sospira. L’aria diventa densissima quando, al 93’, un presunto tocco di mano di Sandon costringe il direttore di gara al secondo controllo al monitor. È interminabile. È uno di quei momenti in cui il calcio si ferma e lo stadio diventa un unico battito. Poi il verdetto: ancora una volta, niente rigore. Il boato che segue non è solo gioia. È liberazione pura. È un abbraccio tra squadra e pubblico, tra campo e città. Il coro “devi vincere” è la colonna sonora degli ultimi secondi, fino al triplice fischio che chiude la serata e certifica una vittoria sporca, pesante, preziosa. Il Vicenza non ha solo conquistato tre punti: ha dimostrato maturità, personalità, continuità. Ha vinto una partita difficile in modo adulto, da squadra consapevole del proprio valore. E con questo successo vola a +10 sul Brescia, difendendo il primato con una prova che resterà impressa per cuore, sofferenza e carattere. Una vittoria sotto la pioggia, conquistata con le mani sporche di fatica e l’anima piena di determinazione. Da grande squadra. Da Vicenza.

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