Lunedì prossimo è sciopero nazionale, proclamato da Cgil, Cisl e Uil, per il rinnovo del contratto nazionale (scaduto nel 2020) dei circa 135.000 lavoratori di Uneba (Unione nazionale enti di beneficenza e assistenza) che operano in strutture socio-assistenziali. Lo sciopero si articolerà a livello regionale: per il Veneto è previsto un presidio (dalle 10 alle 13) a Padova davanti alla sede di Uneba VENETO in via del Vescovado 29, dove saranno presenti anche i segretari nazionali della Uil-Fpl Pietro Bardoscia e Ciro Chiatti. L’Uneba Veneto, ricordano i sindacati, è un’organizzazione di categoria del settore sociosanitario, assistenziale ed educativo: raccoglie oltre un centinaio di strutture gestite da 96 enti che accolgono ed offrono servizi ad anziani non autosufficienti, donne e uomini con disabilità, minori con difficoltà famigliari ed altre persone fragili e danno lavoro a circa 8.000 persone. Tra le strutture più conosciute in regione ci sono l’Oic in via Toblino a Padova, l’Opera Santa Maria della Carità e Fondazione Venezia nel veneziano, l’Oasi nel veronese a San bonifacio, il gruppo Gheron Rsa Casa Mia a Casier, l’Oic a Thiene . Allo sciopero si arriva dopo 17 mesi di trattativa e ben 27 dalla presentazione della piattaforma, a distanza di quasi cinque anni dalla scadenza del contratto.

I sindacati chiedono un rinnovo Uneba in linea con gli altri contratti siglati nel settore socio sanitario ed assistenziale, ma la controparte ha proposto un acconto di 50 euro lordi, 35 netti al mese, a valere dalle annualità 2020, 2021, 2022, 2023, per di più riassorbibili da eventuali accordi territoriali successivi. “Una proposta inammissibile che è stata unitariamente rigettata, in quanto lontana dall’importo necessario a recuperare il potere d’acquisto eroso da una inflazione a due cifre”, hanno detto i sindacati, segnalando anche le differenze retributive con la lovoratori che hanno altri contratti ma operano nello stesso settore. “Riteniamo irricevibile infine, la proposta di subordinare gli aumenti al finanziamento pubblico”, hanno aggiunto i confederali. E comunque non c’è solo il problema salariale: “Le lavoratrici e i lavoratori hanno dimostrato, anche nel periodo Covid, una grande dedizione e senso di responsabilità, pur con grandi difficoltà e carichi di lavoro sfiancanti. Manca personale qualificato e i rientri in servizio non si contano più”.

 

 

Ti è piaciuto questo articolo? Condividilo su:
Stampa questa notizia