L’Alto Vicentino si prepara al ritorno delle tradizioni del mondo agricolo, che stanno riguadagnando il terreno perduto a favore della modernità. Le rogazioni, usanza propiziatoria basata su processioni, preghiere ed atti di penitenza per invocare la buona riuscita delle semine, era ritenuta scomparsa fino a poco tempo fa.

 

La più suggestiva è forse quella che si è svolta mercoledì, la grande rogazione sull’Altopiano, dalle 6 alle 18, con lo scambio delle uova dipinte e delle coroncine di fiori tra ragazzi e ragazze.

 

Prossimo appuntamento, tra i più noti in provincia di Vicenza, è quella di stasera ad Anconetta, dalle ore 20 in Stradone dei Nicolosi  all’azienda agricola Pontarin Gaetano ed a Montegalda alle 20.30 in Via Roi all’azienda agricola Brunello.

 

‘Le rogazioni – hanno commentato il presidente provinciale di Coldiretti Vicenza, Martino Cerantola ed il direttore Roberto Palù – sono delle preghiere di supplica e propiziatorie per ottenere dei buoni raccolti. Il termine prende origine dal verbo latino rogare, ovvero pregare ripetutamente. Il rito stava scomparendo ma le avversità atmosferiche sempre più imprevedibili hanno sollecitato agricoltori e credenti a riscoprire questa usanza’.

 

L’usanza prevede dei rituali precisi, che fanno chiaramente comprendere come l’agricoltura sia in grado di spaziare tra usanze ed innovazione, senza mai dimenticare le proprie origini e di ringraziare Dio per la terra affidata in custodia proprio agli agricoltori. ‘Oltre alle invocazioni  – ha aggiunto Enzo Gambin, direttore dell’Associazione dei produttori di olio d’oliva animatore al Frantoio Redoro – servono dei rami di ontano che, scorticati, diventano legno bianco per fare delle croci da mettere all’inizio di ogni campo’.

 

‘Rispettiamo cosi gli insegnamenti della civiltà contadina  – ha precisato Paola Ballardin, funzionaria di Coldiretti Vicenza, che sarà presente ad Anconetta, nell’azienda agricola di Gaetano Pontarin – per tenere lontane siccità, grandine ed ogni altro disastro, ma anche come benedizione per le semine’.

 

Un tempo l’evento durava tre giorni, con processioni da un capitello all’altro e la solennità dei paramenti, chierichetti e candele. Venivano recitate le litanie dedicate: ‘Signore, liberaci dai fulmini e dalla tempesta’. E se le campagne erano secche, il vescovo invitava sacerdoti e fedeli ad un pellegrinaggio ‘ad petendam pluviam’, per invocare la pioggia. ‘Siamo orgogliosi di riuscire a far rivivere queste tradizioni – hanno concluso Cerantola e Palù – che rappresentano chiaramente la capacità del mondo agricolo di essere trasversale, passando dall’innovazione alla tradizione, senza perdere mai di vista le proprie radici cristiane’.

 

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