a cura di Alfonso Piscopo
La pasta cotta raffreddata e poi riscaldata, ha un indice glicemico più basso rispetto alla pasta cotta e mangiata. Riscaldare la pasta quindi, dopo averla raffreddata in frigo, ne riduce l’indice glicemico (IG), cioè abbassa i livelli di zucchero dopo il consumo, con una risposta glicemica e insulinemica postprandiale, che limita le oscillazioni di glicemia con ripercussioni negative sul benessere dell’individuo. La ricerca conferma come la refrigerazione della pasta in frigorifero dopo la cottura comporti una riduzione della velocità con la quale si innalzano i livelli di zucchero nel sangue dopo il consumo dell’alimento. Questo fenomeno prende il nome di retrogradazione dell’amido, il quale comporta la trasformazione di parte dell’amido digeribile in amido resistente, più difficilmente aggredibile dagli enzimi digestivi e quindi assorbito più lentamente. Sarebbe interessante capire se questo procedimento della pasta al pomodoro raffreddata e poi riscaldata sia applicabile ad altri alimenti amidacei. Secondo lo studio vi è di più, e cioè che il contatto con i lipidi dell’olio di oliva possa contribuire a ridurre la digeribilità dell’amido. Stupisce come l’arte culinaria applicata alla scienza possa contribuire con un impatto positivo alla salute dell’individuo e nel caso specifico del diabete, definita come la malattia del benessere.
The cumulative effects of chilling and reheating a carbohydrate-based pasta meal on the postprandial glycaemic response: a pilot study
Robertson TM, Brown JE, Fielding BA, Robertson MD.
Eur J Clin Nutr. 2020 Sep 2. doi: 10.1038/s41430-020-00736-x
In foto pappardelle al cinghiale
