C’è una Breganze che non si fa vedere tutti i giorni, se non a chi ha l’abitudine di guardare. È quella che si svela nel dettaglio di una pergola ben tenuta, nel passo lento di chi cammina tra i filari non per fotografarli ma per viverli, nel lavoro paziente delle mani che conoscono la terra e la rispettano. È in questa Breganze, più vera di quella da cartolina, che domenica scorsa, ha preso vita “Ciacolando”, manifestazione ormai nota nel panorama degli eventi eno-culturali dell’Alto Vicentino.
A volerla dire tutta, si trattava – come da tradizione – di una passeggiata tra colline e cantine, un’occasione conviviale per assaporare vini biologici e, soprattutto, per “ciacolare”, che nel lessico veneto vuol dire chiacchierare, ma col tono leggero e profondo che solo le cose vere sanno assumere quando non si sforzano di apparire. Fino a qui, tutto nella norma di un’ottima organizzazione: buon vino, buon cibo, buona compagnia, e affascinante paesaggio. Ingredienti noti.
Ma la sorpresa, innanzi a più di 450 partecipanti, per l’edizione di quest’anno, è venuta da dove meno ci si aspettava: un palco nella splendida location della cantina Rare Fratte, (https://www.rarefratte.it/ ) in simbiosi con il gruppo dei Canevisti (https://www.canevisti.it/) composto da amici, appassionati vignaioli, provetti Vinificatori e Saggi Bevitori dove si producono Vini Rari e Autoctoni.
E su quel palco, un gruppo di ragazzi – adolescenti appena – chiamati Top Seven, che hanno fatto quello che oggi pochi giovani sanno fare: suonare sul serio.
Nessun playback, nessuna concessione al facile effetto, nessuna smania di farsi notare. Solo strumenti, mani, voci, e quella cosa che non si spiega ma si riconosce subito: la musica.
È stata, a tutti gli effetti, una maratona sonora che è durata un giorno intero. Esperienza che metterebbe alla prova anche musicisti ben più navigati.
Eppure loro – con una naturalezza disarmante – l’hanno affrontata con la freschezza dell’età, concentrati e, soprattutto, rispettosi per chi ascoltava.
Perché c’è qualcosa di profondamente etico nell’arte quando è fatta bene: non cerca l’applauso facile, non si mette in mostra, ma si offre. E loro, i Top Seven, hanno offerto emozioni.
Il pubblico, inizialmente distratto dal contesto festoso e dall’aroma del vino, ha iniziato via via a fermarsi, ad ascoltare, ad annuire e ad applaudire. Alla fine, l’ultimo gruppo di visitatori – forse già con i sensi un po’ intorpiditi dal vino ma non nello spirito – si è alzato in piedi. Un applauso convinto, sincero, poi spontaneamente hanno iniziato a ballare e cantare. Fatto raro, perché non comandato da convenzione ma da una sorta di riconoscimento istintivo: ciò che è accaduto aveva qualcosa di gioiosamente vero.
I nomi dei musicisti meritano di essere ricordati, perché dietro ogni ragazzo che fa bene qualcosa c’è sempre una storia da raccontare, e forse anche un maestro che ha saputo ascoltare più che parlare.
Margherita, la voce, profonda e sorprendente, che riesce a dare alle parole il peso che meritano senza mai cadere nell’enfasi.
Gioia, alla chitarra, precisa e mai invadente, capace di tessere armonie con la discrezione che è propria dei veri accompagnatori.
Isabella, alle tastiere, dove si muove tra sospensioni e risoluzioni armoniche, con una grazia che lascia intendere studio, ma anche istinto.
Filippo, al basso, saldo e comunicativo, con un senso del tempo che non si impara solo sui libri.
Riccardo, alla batteria, energico, presente, ma sempre al servizio del gruppo: come si dovrebbe fare nella vita, oltre che nella musica.
In un’epoca in cui la giovinezza sembra spesso un pretesto per indulgere nell’immaturità, fa piacere vedere dei giovani capaci di affrontare la scena come si affronta un mestiere serio: con gioia, sì, ma anche con rispetto, dedizione e un pizzico di quel pudore che protegge ciò che è autentico.
La musica, quando è suonata così amorevolmente, non ha bisogno di etichette. Non è “giovane”, non è “alternativa”, non è “promettente”: è musica, e basta. E forse è proprio questa semplicità che, a Breganze, tra le sue meravigliose colline, un sorso e una chiacchiera, ha fatto la differenza.
 Tutto il pubblico ballava e cantava.
Bruno Grotto
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