Il Garante della privacy ha dato parere favorevole al Ministero dell’Interno sulla valutazione d’impatto relativa a Cerebro.

Si tratta di un Sistema di analisi ed elaborazione dati a supporto delle indagini patrimoniali, uno strumento investigativo d’avanguardia ritenuto imprescindibile per individuare e sottrarre alla criminalità risorse illecitamente ottenute. O almeno, questo è attualmente lo scopo dichiarato.

Il Sistema opererà attraverso l’acquisizione dei dati da fonti istituzionali “esterne”, cioè di altri soggetti istituzionali, e l’elaborazione dei dati acquisiti, sia quelli provenienti dalle fonti istituzionali che quelli immessi dal personale addetto al controllo.

Lo scopo di tutto sarà individuare quelle situazioni caratterizzate da disponibilità finanziarie e patrimoniali “sproporzionate” e quindi potenzialmente riconducibili ad attività illecite e all’evasione delle imposte.

Nonostante l’assenso del Garante della privacy, rimangono molti gli interrogativi in merito agli usi dello strumento, ma soprattutto ai possibili abusi.

Sebbene lo scopo dichiarato sia la lotta alla criminalità, la vastità dei dati accessibili a Cerebro, la sua capacità di incrociarli, l’istantanea interconnessione con le immense potenzialità dell’intelligenza artificiale, lascia sostanzialmente perplessi, essendo troppo sottile la linea di separazione tra le necessarie indagini e una potenziale sorveglianza di massa sui cittadini.

Al momento pare che l’uso del potentissimo software sia riservato a pochi poliziotti della Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato, ma la possibilità di un’estensione dell’uso di questo strumento ad altri Forze di Polizia o Pubbliche Amministrazioni non è da escludersi.

E quando si parla di indagini patrimoniali diventa facile pensare a, tra i possibili potenziali futuri fruitori, chi già le utilizza come strumenti del mestiere, quindi Guardia di Finanza ed Agenzia delle Entrate.

L’arrivo di uno strumento così potente rappresenta un balzo in avanti nell’ambito della sorveglianza patrimoniale, che diventa più penetrante e dunque anche potenzialmente invasiva.

Ma, se da un lato è indubbia l’utilità che se ne potrà ricavare in termini di lotta alla criminalità economica, dall’altra non si possono sottovalutare gli usi che di esso se ne possono fare e se ne faranno, in quanto facilmente potrà trasformarsi in uno strumento di sorveglianza indiscriminata.

Non si tratta di avere qualcosa da nascondere, ma di vivere quotidianamente osservati, come in distopico romanzo di orwelliana memoria.

Già ci siamo vicini, sappiamo tutti benissimo che navigare in rete ci sottopone ad una continua profilazione.

Ma sapere che questa profilazione venga fatta dai Governi è un atto totalmente rivoluzionario che cambia l’inerzia del rapporto tra cittadini e istituzioni.

Il potere non è un mezzo, è un fine. Non si stabilisce una dittatura nell’intento di salvaguardare una rivoluzione, ma si fa una rivoluzione nell’intento di stabilire una dittatura

A noi fin da subito questo nome ha richiamato in mente il mostruoso cane a tre teste, guardiano dell’Ade (e non intendiamo stavolta l’agenzia delle entrate), Cerbero, di cui è anche anagramma.

E allora diventa facile lasciare aperto il discorso con l’ultima domanda: Cerebro diventerà il Cerbero della giustizia o si trasformerà nel Cerbero delle libertà individuali?

Ai posteri l’ardua sentenza.

Fabrizio Carta

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