Cinque anni. È questo il tempo che la giustizia chiede di attendere. Un’udienza viene rinviata al 2030, in un calendario che suona come una resa. Succede a Venezia, davanti al giudice di pace.
“La giustizia è definitivamente morta”. Una frase secca, senza appelli, che ha fatto il giro del web. A scriverla è l’avvocato penalista Giuseppe Di Palo che sui social pubblica il provvedimento.
“E’ un messaggio politico, ancor prima di giudiziario” incalza Di Palo. “Così, uno Stato nega la giustizia a chi ne ha bisogno” continua: “è come se dicesse ‘arrangiatevi da soli’. Così la giustizia smette di essere un servizio pubblico e diventa una lotteria”.

Un rinvio che non è solo una data spostata in avanti. E’ il simbolo di un sistema che si inceppa, dove i tempi processuali diventano negazione della tutela. E mentre il calendario scorre, la domanda resta sospesa: può chiamarsi ancora giustizia quella che arriva, forse, dopo cinque anni? “Dato il carico di lavoro”, così il giudice veneziano motiva il rinvio al 2030. Spia rossa di un sistema in affanno cronico. Giudici di pace senza risorse, riforme annunciate e mai pienamente attuate, carichi di lavoro che si accumulano mentre le risposte si allontanano. E intanto, tra le pieghe dei rinvii, resta la sensazione amara di uno Stato che chiede ai cittadini di avere pazienza. Fintanto che non si perda la speranza e subentra la rinuncia.
di Redazione AltovicentinOnline
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