Ha vissuto gli anni della ‘crisi economica’, quando il Nord Est ha subito un cambiamento, al quale non tutti gli imprenditori artigiani hanno saputo reagire. Andrea Nardello, 48 anni, titolare di una ditta che fabbrica macchine per la lavorazione del legno non è più presidente di Confartigianato di Malo, ma la sua esperienza associativa lo ha segnato molto.
I dati dicono che c’è un calo di iscrizioni alle associazioni di categoria, a tutti i livelli: nazionale, regionale e provinciale. A Malo qual è la situazione?
Ammetto che ho concluso il mio incarico a Malo con una situazione in parte diversa. La diminuzione degli associati c’è stata, ma analizzando i dati, è dovuta alle cessazioni delle attività. Al netto di quest’ultime negli ultimi anni abbiamo avuto un saldo positivo fra aziende iscritte e quelle che scelgono di lasciare l’associazione.
Cosa diversa se analizziamo i dati della cciaa dove si nota che il numero delle aziende che cessano la loro attività è superiore alle nuove aziende che nascono, e questo crea sicuramente delle ripercussioni nelle associazioni di rappresentanza.
Cosa fa perdere fiducia all’associato decidendo di andare via?
Come dicevo prima, c’è una quota parte dei soci che cessando l’attività non rinnova l’iscrizione, in quel caso non si può attribuire alla perdita di fiducia il lasciare l’associazione. Per quanto riguarda l’associato che decide di cancellare la sua iscrizione, è difficile trovare una risposta univoca nonostante sia stato il primo interrogativo che ci si poneva nel momento in cui si analizzava periodicamente la situazione. Monitorare raccogliendo le motivazioni dei soci, concentrarsi nel dare le giuste risposte alle richieste che l’economia attuale richiede. Uno dei miei obiettivi era di riuscire a trasmettere ai colleghi imprenditori che i loro rappresentanti devono essere i primi a metterci la faccia, anche e soprattutto quando emergono delle difficoltà. C’è sempre il rischio, non così remoto, che le associazioni vengano usate da alcuni dirigenti o come trampolino di lancio per un posto in politica oppure come “premio di consolazione” nel caso in cui non si trovi spazio da altre parti. In quel caso il socio evidentemente non si sente rappresentato, ma usato, e questo porta alla decisione di lasciare le associazioni.
È per questo che ha concluso il suo mandato a Malo?
No, la politica mi affascina nel suo complesso, ho una mia ideologia che si sposa con varie anime politiche. Ho già fatto la mia esperienza associativa e questo è più che sufficiente per compensare un percorso politico. Ho sempre dialogato con tutti perché chi rappresenta i soci non deve dimenticare che rappresenta tutti, da destra a sinistra e anche chi ha perso la fiducia verso la politica.
E invece qual è, o quale dovrebbe essere, il valore delle associazioni soprattutto in un momento di crisi?
Il valore dovrebbe essere rappresentato dalla forza sindacale verso la politica che ci governa. Purtroppo, abbiamo subìto un cambiamento nella rappresentanza politica molto repentino che, a mio avviso, non è stato governato; anche dalle associazioni di categoria. C’è stato uno stallo negli ultimi anni che ha portato ad un isolamento dei cosiddetti “corpi intermedi” che alla fine si ritrovano a non partecipare al dibattito che precede una riforma, ma a dover rincorrere e tamponare decisioni che alla fine hanno il risultato di essere una toppa messa sullo strappo e non un nuovo vestito.
Cosa si può fare per recuperare questa fiducia?
A mio avviso, penso sia giunto il momento che i rappresentanti delle categorie economiche si tolgano giacca e cravatta quando ascoltano il socio, far capire che gli imprenditori hanno scelto di rappresentare un mondo affascinante, sono soprattutto colleghi che si mettono a disposizione per portare a casa dei risultati che migliorino la gestione delle nostre attività.
Cosa può fare chi è ai vertici?
Mettere in atto le azioni che ho precedentemente indicato come possibile strada da percorrere per recuperare la fiducia. La vicinanza al socio non la si dimostra con le parole, la si concretizza con i fatti; non la si ostenta con quanto la posizione apicale “retribuisce”, ma con il valore delle azioni che aiutino i soci nella loro quotidianità.
Può fare una fotografia dell’economia Maladense con 4 aggettivi?
Appassionante, importante, particolare, semplice.
Li può spiegare?
Esistono realtà diversificate che rendono il territorio in questione “Appassionante” per ciò che può offrire. L’economia Maladense è “Importante” per il nostro contesto territoriale, sia per le aziende che la contraddistinguono, sia per la collocazione territoriale che la pone al centro di un’area, l’Alto Vicentino, che non teme confronti con l’economia globale. “Particolare” è la suddivisione nel territorio delle realtà che contribuiscono a rendere “Semplice” la condivisione delle professionalità messe a disposizione.
Si rimprovera al Nordest di voler vivere di rendita degli anni in cui le commesse arrivavano da sole e si dava lavoro allo straniero. C’è la consapevolezza di questo cambiamento che richiede anche un approccio diverso dell’imprenditore? Prima le commesse arrivavano ora si devono cercare.
Su questo punto si devono fare dei distinguo sulla tipologia di attività che si vogliono analizzare. Chi opera in un mercato globale deve necessariamente confrontarsi con un cambiamento rapido e sempre più esponenziale che impone visioni di marketing e di organizzazione che fino a poco tempo fa erano impensabili. È evidente che chi è lungimirante può arrivare prima. Non mi soffermerei sul rimprovero al Nordest perché, anche solo guardando i dati sull’occupazione del 2018, la propensione all’export ed il valore aggiunto nel manifatturiero, il Veneto si posiziona sul gradino più alto delle regioni Italiane. Certamente dobbiamo investire sempre di più in competenze, in formazione e in confronto.
Pensa che il momento più critico sia passato?
Vedrei meglio la domanda focalizzata sull’aver metabolizzato che il mondo è cambiato. Quotidianamente si devono affrontare nuove sfide e questo deve essere il punto fermo; sapere che si deve far tesoro del passato per costruire il futuro. Le criticità rimangono, così come le cicatrici che hanno segnato molti imprenditori. Sicuramente stiamo vivendo un periodo per alcuni aspetti incerto ma diverso dagli ultimi anni che sono stati caratterizzati da molte criticità.
C’è una sottovalutazione di cosa comporta a livello personale una crisi d’impresa?
Sì. Purtroppo, se non si sono vissuti momenti di difficoltà, difficilmente si può comprendere cosa a livello personale può comportare una crisi d’impresa. Il primo passaggio che ritengo sia alla base della difficoltà che una persona deve affrontare è quello di dividere ciò che si fa da quello che si è. Le faccio un esempio; Io “sono” Andrea Nardello e “faccio” l’imprenditore. Se la mia esperienza imprenditoriale non dovesse andar bene non significa che non vado bene io. Troppe volte si è sottoposti ad un giudizio che può essere devastante dal punto di vista umano e in passato abbiamo visto cosa ha comportato, ma non è che il fenomeno non esista perché non se ne parla, anzi. Mi sento di lanciare un messaggio verso chi si trova nella condizione di pensare che non ci sia una strada per uscire: “non abbiate il timore di chiedere aiuto, ci sono persone che si dedicano con il cuore per aiutare chi è in difficoltà a superare ostacoli che al momento sembrano insormontabili”
A suo avviso, dall’esperienza vissuta all’interno della dirigenza associativa, si possono rafforzare i rapporti fra Associazioni di categoria e strutture di supporto?
Certamente, si può e si deve fare. Fin dai primi anni in cui ho assunto l’incarico di presidente mandamentale ho voluto instaurare un dialogo costante con il centro InOltre per capire come possiamo raccogliere i segnali di disagio che i nostri associati, direttamente o indirettamente, trasmettono, per poterli indirizzare verso chi li può aiutare. Possiamo fare di più? Sicuramente e su questo tema non si deve abbassare mai l’attenzione.
Si faccia una domanda e si risponda.
Bella provocazione… Visto il momento, rimango sul tema associazioni. ‘Cosa hai imparato dalla tua esperienza in ambito associativo?
La mia esperienza in ambito associativo mi ha insegnato che devo aiutare i miei figli a comprendere che non tutti meritano il loro tempo e che quando avranno raggiunto questa consapevolezza saranno sicuramente delle persone rispettate e faranno le scelte migliori.”
Natalia Bandiera