(Ansa) “Gli indicatori congiunturali più recenti suggeriscono per i prossimi mesi il permanere della fase di debolezza dell’economia italiana”. Lo ha detto il presidente facente funzione dell’Istat Francesco Maria Chelli in audizione sulla Nadef.

“Al netto dell’andamento dei fattori ‘esogeni’ internazionali, elementi di freno alla crescita sono legati anche a condizioni di accesso al credito più rigide per famiglie e imprese e al lento recupero del potere d’acquisto delle famiglie”, ha aggiunto. “La versione dei Conti nazionali trimestrali diffusa il 4 ottobre, coerente con le stime annuali pubblicate il 22 settembre, ha confermato il profilo congiunturale del Pil dei primi due trimestri dell’anno in corso, con una crescita congiunturale nel primo (+0,6% la variazione a prezzi costanti) e una contrazione nel secondo (-0,4%). Le stime del tasso di crescita tendenziale hanno subito una lieve revisione, risultando pari al 2,1% nei primi tre mesi dell’anno (da +2,0%) e allo 0,3% nel secondo trimestre (dal +0,4% precedente). Sulla base di tali andamenti, la variazione acquisita per il 2023 – la crescita annuale che si otterrebbe in presenza di una variazione congiunturale nulla nei restanti trimestri dell’anno – resta pari al +0,7%” ha Chelli in audizione.

A settembre degli oltre 400 beni aggregati utilizzati dall’Istat per calcolare l’inflazione “oltre il 58% evidenzia un incremento dei prezzi, sulla media del 2019, uguale o superiore al 10%. Di questi, oltre la metà è rappresentato da generi alimentari”. E’ uno dei dati forniti dall’Istat durante l’audizione sulla Nadef. “Aumenti non inferiori al 25% si registrano per oltre il 17% degli aggregati, il 13% nel solo settore alimentare – ha aggiunto il presidente Francesco Maria Chelli – Inoltre, per il 5,2% dei casi, gli aumenti di prezzi, nel periodo considerato, risultano superiori o pari al 40%. Il calo solo il 6,7% degli aggregati”.

I salari sono cresciuti 12 punti percentuali in meno dei prezzi

Le retribuzioni reali sono tornate sotto i livelli del 2009. Per la straordinaria crescita dei prezzi nel 2022 (+8,7% misurata sulla base dell’IPCA) la differenza tra l’aumento dell’inflazione e quello delle retribuzioni contrattuali sull’intero periodo (2009-2023) è stato pari a 12 punti percentuali. E’ l’indicazione fornita dall’Istat nella documentazione fornita all’audizione parlamentare sulla Nadef. La differenza di crescita tra salari e prezzi varia nei diversi settori: passa dai 4,1 punti per l’agricoltura e 4,7 punti per l’industria, dai 13,6 punti per i servizi privati ai 19,5 punti per la pubblica amministrazione

Progressivo spopolamento demografico, top al Sud

Il quadro sul futuro demografico dell’Italia “mostra una popolazione residente in forte decrescita. Secondo lo scenario di previsione “mediano”, si passerà da 59 milioni al 1° gennaio 2022 a 58,1 milioni nel 2030, a 54,4 milioni nel 2050 fino a 45,8 milioni nel 2080″. Così Chelli ricordando i dati diffusi dall’Istituto il 28 settembre in audizione sulla Nadef. “Il progressivo spopolamento investirà tutto il territorio, pur con differenze tra Nord, Centro e Mezzogiorno, con un calo più marcato in quest’ultima ripartizione”, ha spiegato in audizione sulla Nadef. “Il Nord potrebbe ridursi di appena 276mila unità entro il 2050 (da 27,4 a 27,1 milioni), mentre la popolazione del Mezzogiorno potrebbe perdere 3,6 milioni entro il 2050 (da 19,9 a 16,3 milioni). In nessuna delle ipotesi previsive considerate – anche negli scenari più favorevoli – si riuscirà a riportare in equilibrio l’attuale distanza tra nascite e decessi. L’aumento dei livelli riproduttivi medi, infatti, non potrà produrre un parallelo aumento dei nati, a causa della diminuzione sempre più significativa delle donne in età fertile, che rappresentano il potenziale riproduttivo del Paese”, ha osservato.

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