Che sul Cengio si facesse palestra di roccia è ormai fatto noto di cui si ha traccia sin dagli anni Sessanta. Non sono mancati nemmeno i voli col deltaplano e più recentemente persino quelli ancor più estremi con la tuta alare.

Ma la nuova frontiera che fa rizzare i capelli in testa a chi vede il promontorio del Cengio come una zona sacra per i trascorsi storici che durante il Primo Conflitto bellico l’hanno resa celebre in tutto il territorio nazionale per la sanguinosa battaglia in cui perirono migliaia di giovani soldati a strenua difesa del territorio vicentino e quindi della pianura veneta, è lo slacklining, dall’inglese slack line ovvero corda molle.

 

Proprio nel weekend scorso infatti, una delle vette più emblematiche delle Prealpi si è trasformata nel set di un’esercizio assolutamente particolare: con una fettuccia di corda larga meno di 5 centimetri e lunga tra i 150 e i 200 metri, alcuni intrepidi atleti veronesi hanno letteralmente danzato sospesi nel vuoto. Passo dopo passo, divertiti e rilassati come una signora Maria qualsiasi intenta nello shopping, dopo aver teso e assicurato la fune alle due estremità tra le guglie del Cengio a quasi 1300 metri di altitudine, i provetti funamboli hanno attraversato l’ardito percorso approfittando anche di una splendida giornata di sole.

E se qualche escursionista ha assistito quasi incredulo alla scena sobbalzando ad ogni passo e ad ogni caduta degli avventurosi sportivi – cadute fortunatamente in sicurezza – c’è chi come Andrea Gasparotto, amante della montagna e scalatore esperto si è goduto lo spettacolo immortalandolo con gli scatti concessi ad AltoVicentinOnline: “Ho parlato coi ragazzi, li ho visti preparati e consapevoli. Certo è una strana disciplina, forse direi più un passatempo che uno sport vero e proprio: sicuramente molto meno pericoloso di una via ferrata o di una scalata. Ad ogni modo qualcosa che non reca danno : una volta terminato, i ragazzi hanno smontato tutto senza lasciare traccia alcuna”.

Di diverso avviso invece chi la montagna la batte per soccorrere: è accaduto sovente, specie negli ultimi tempi, che scaturissero infatti polemiche dettate dalla pericolosità di funi tirate in quota e magari poco visibili all’elisoccorso. Se in qualche caso si è ovviato al problema segnalandolo per tempo alle autorità locali ed evidenziando la corda con appositi nastri colorati, rimane comunque aperto il dibattito sull’opportunità di cimentarsi in queste esperienze da brivido.

E pensare che per paradosso chi pratica lo slackline, precisamente highline in caso di esercizio eseguito in quota, lo fa per cercare concentrazione ed equilibrio: si dice aiuti a focalizzare l’attenzione e scaricare la tensione. Provare per credere.

Marco Zorzi

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