I fatti contano, ma anche le parole a volte hanno un peso specifico formidabile. Lo sa bene Alberto Toldo il cui telefono, da quando è intervenuto una settimana fa all’assemblea organizzata da Unione Montana Alto Astico e Ulss7 per la pesante situazione che si è venuta a creare nella vallata a causa della carenza di medici dissociandosi  da questo nuovo corso dell’Azienda sanitaria, non smette di suonare.

C’è chi gli chiede di ritornare a impegnarsi attivamente in politica e chi semplicemente lo vuole ringraziare per aver interpretato senza troppi giri di parole, il pensiero di molti delusi e preoccupati dalla situazione.

Interi paesi senza medici, una popolazione anziana orfana di quella figura di riferimento, che non dovrebbe mancare a chi ha pagato le tasse una vita e che proprio negli anni del bisogno si ritrova abbandonato. Toldo non le ha mandate a dire. Parole pregnanti le sue, che meritano un approfondimento.

Toldo, due mandati da primo cittadino e l’incarico di rappresentare i colleghi in qualità di presidente della Conferenza dei Sindaci non l’hanno fatta desistere da un intervento molto appassionato e duro. Me lo vuole spiegare?

“Non mi ero preparato nulla, ma i volti di quella platea mi hanno mosso qualcosa dentro e parlare è stato un obbligo morale, anche per il mio vissuto. La medicina di gruppo di Arsiero è stata un esempio di eccellenza in tutta la Regione. E’ nata sulla spinta dell’allora Ulss 4, con il contributo straordinario dei medici delle nostre vallate. Veder venir meno questo modello fa molto male, in primis a tutti coloro che ci hanno messo la faccia. Scoprire che, sostanzialmente, la stessa Azienda che l’ha promosso e sbandierato, non stabilendovi alcuna forma di tutela, finisce sostanzialmente per distruggerlo mi lascia senza parole”.

Staccandosi per un attimo dalla vallata, di cosa è figlio questo problema ben più esteso della carenza di medici a suo avviso?

“Il tema del venir meno dei medici è ormai noto a tutti, frutto del dialogo sordo tra programmazione universitaria ed esigenze della sanità. Ha ed avrà effetti devastanti e può essere affrontato solo con soluzioni virtuose, anche di emergenza. Era chiaro già dieci anni fa e proprio per questo andava affrontato in termini di sistema. Partendo dal presupposto che pochi medici in aree periferiche e poco abitate determinano effetti molto più negativi che pochi medici in aree densamente abitate. Ragion per cui il territorio dell’Alto Vicentino andava trattato in termini complessivi, senza affidarsi semplicemente all’ordine cronologico dei pensionamenti”.

Mi pare di capire che comunque sulla vicenda lei ci vede degli errori definirei strutturali, ho ben inteso?

“Assolutamente. Nel corso di questi anni ci siamo fatti anche male da soli. Separare gli incarichi delle case di Riposo dai medici territoriali ha reso meno appetibile ciò che già era poco appetibile. Si deve analizzare poi il meccanismo di incentivi economici dei medici di base: possiamo contemporaneamente permettere ad ogni medico di raggiungere i 1800 pazienti, senza creare i presupposti per far raggiungere a tutti i 1500 pazienti? Le risorse possiamo investirle per dare ai medici tutto il supporto che serve. Mi aspetto una forte azione da parte di chi rappresenta le comunità locali. I Comuni che fanno proposte all’Ulss, non l’Ulss che spiega le proprie doglianze ai primi cittadini in pubblico. Con una sfida aperta”. 

Mi sta dicendo che il ruolo dei Comuni è tutt’altro che marginale nella vicenda o come l’impressione pubblica sembra suggerire pare relegato ad un ‘colpevole’ ruolo di comparsa?

“Lungi da me dare lezioni o far la guerra a qualcuno, le mie sono libere esternazioni da libero cittadino. Ho esplicitamente invitato i Comuni a parlare direttamente ai propri cittadini, senza il tramite dell’Azienda. E’ triste non aver memoria di un incontro pubblico organizzato da parte di un Comune sul tema. Serve tuttora invece una forte azione di pressione da parte degli amministratori locali, compresa la progettazione di possibili soluzioni. Non dico questo certo per mettere in cattiva luce chicchessia, ma semplicemente per dir loro che penso sia ora di muoversi. E di muoversi insieme. Si tratta di far contare un’area periferica, dentro un problema di tutti. Si conta di più muovendosi insieme, si conta di meno ogni volta s’inscena una provocazione o un litigio tra piccoli comuni. Siamo pur orgogliosamente figli di una cultura di paese che vedeva ai suoi vertici il sindaco, il prete ed il dottore, spesso in confronto tra di loro. Al cittadino ora importa soprattutto capire quanto per il sindaco sia un problema il fatto che possa non esserci più il dottore”.

Marco Zorzi

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