Riceviamo e pubblichiamo

Quasi due anni di lavoro in mezzo a una pandemia che mieteva vittime e ha reso le condizioni di lavoro nelle Case di Riposo a dir poco drammatiche. Condizioni in cui il personale si trovava ad affrontare giorni e giorni di lavoro consecutivi, senza riposo. Ferie che saltavano regolarmente e carichi di lavoro insostenibili, a causa di una gravissima carenza di personale dovuta ai numerosissimi contagi anche tra i lavoratori. E ancora, condizioni di lavoro a contatto con la morte e la sofferenza di persone fragili, stroncate dal virus senza la possibilità di avere al loro fianco le persone più care. Persone fragili a cui il personale ha cercato di garantire vicinanza fino all’ultimo, con professionalità ma anche sofferenza. Questo hanno dovuto affrontare i lavoratori delle Case di Riposo.

All’emergenza sanitaria si è accompagnata poi una nuova emergenza, quella delle carenze di organico dovute allo scarso numero di professionisti nel mercato del lavoro, e alla scelta di molti lavoratori di cercare condizioni meno gravose, talvolta scegliendo di cambiare vita, dopo anni di investimento professionale.
Nel frattempo, nessun riconoscimento ai lavoratori. Perché non si riesce ad assumere per sopperire alle carenze di organico, perché non ci sono risorse per premiare le fatiche di questo personale, perché la Regione ha sempre fatto orecchie da mercante, nonostante le nostre reiterate richieste di intervento anche su questo versante.

Da qualche mese, però, è stato rinnovato il Contratto Nazionale Funzioni Locali, che viene applicato anche ai lavoratori delle Ipab. Un contratto nazionale che introduce importanti novità, tra cui il riconoscimento dei cosiddetti “tempi di vestizione”, cioè la possibilità di considerare come tempo di lavoro anche quello che serve per indossare gli abiti da lavoro. Si tratta di un tempo necessario perché un professionista indossi un dispositivo di sicurezza a tutela della salute propria e delle persone che assiste. Tempo di lavoro che per anni non è stato considerato, a differenza di moltissimi altri settori (sia pubblici che privati), e che il personale ha “regalato” al datore di lavoro. Ebbene, con il rinnovo del CCNL questa storica problematica viene risolta: finalmente riconosciuto questo diritto anche a chi lavora nelle Ipab.

Ed ecco allora che alcune Ipab del nostro territorio, alla ricerca pretestuosi cavilli legali, si inventano scuse a dir poco fantasiose per non riconoscere quanto dovuto al personale. Siamo arrivati al paradosso: non solo non si trova il modo di premiare chi ha tenuto in piedi il servizio in condizioni estreme, ora si cerca anche di togliere quanto spetta loro di diritto. Da non credere. Mettere in discussione questo diritto significa negare il valore di un gesto di protezione verso le persone fragili che sono il centro dell’attenzione e della cura del personale, cosa che dovrebbe essere ben chiara ad un amministratore consapevole.

Lo diciamo a chiare lettere: noi non ci stiamo, non permetteremo che si continuino a negare i presupposti per un miglioramento delle condizioni di lavoro e non permetteremo che venga ignorato quanto il nuovo contratto nazionale di lavoro ha disposto. Siamo pronti a portare queste Ipab davanti al Prefetto e, se serve, davanti al Tribunale, perché siamo stanchi di datori di lavoro che fanno cassa sulla pelle di chi lavora.

Va detto, per precisione e correttezza, che non tutte le Ipab del vicentino si sono messe in questa incresciosa situazione. Alcuni Direttori, corretti e attenti al benessere dei dipendenti, hanno accettato di aprire un confronto costruttivo con le Organizzazioni Sindacali e la RSU, per trovare insieme la giusta modalità di applicazione di questo nuovo istituto contrattuale. Con loro continueremo a discutere apertamente.

Agli altri, invece, diciamo chiaro e tondo che devono prepararsi, perché siamo pronti a dare battaglia. Vicenza, 18 aprile 2023

Le Segretarie Generali
FP CGIL, CISL FP, UIL FPL

Giulia Miglioranza, Elena Tonelli, Carola Paggin

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