Niente soldi, solo potere. E la presa in giro di dover gestire questo potere al meglio per racimolare qualche penny a fine corsa.

E’ questa, in sintesi, l’autonomia che il Veneto otterrà.

“I cittadini sapranno riconoscere chi spende male o bene i loro soldi”, ha detto ieri Erika Stefani, ministro alle Autonomie Regionali, che dopo un periodo sottotono e trascorso con i nervi a fior di pelle, è uscita allo scoperto.

“L’autonomia regionale svilupperà il principio fondamentale della responsabilità degli amministratori nei confronti dei cittadini – ha continuato il ministro – Sarà una grande sfida per far lavorare tutti meglio. Sarebbe opportuno che anche i governatori del Sud cogliessero questa opportunità”.

Ma in pratica, che cosa significa? Significa che il Veneto non potrà avere nemmeno un centesimo in più di quello che ha ora, ma se la dovrà giocare con la gestione autonoma dei suoi soldi relativamente ad alcune competenze. Dovrà tirare bene la coperta insomma e sperare che basti a coprire tutto.

Di quell’’autonomia che doveva trasformare il Veneto in una specie di Trentino Alto Adige, con i veneti che avrebbero lavorato per trattenere la gran parte delle loro tasse nel territorio, non c’è più traccia.

Ora si parla (e si scrive) di gestire i soldi relativi ai costi storici (il che significa i soliti soldi di sempre), ma con una responsabilità diretta della Regione e non più dello Stato. Questo, per non creare sbilanci a Roma, che per il momento non ci pensa nemmeno a concedere un’autonomia diversa.

Sbilanci, che non fanno paura solo ai 5 Stelle e rendono chiaro perché, a oggi, il primo a non volere l’autonomia ‘come voluta dai veneti’ sarebbe proprio Matteo Salvini, che non a caso ha puntato al sud come bacino di voti, arrivando perfino a togliere il nome ‘Nord’ da quello del partito ‘Lega’.

La ‘nuova’ autonomia, è quindi lontana anni luce da quella promessa in campagna referendaria, quando tutti i politici leghisti paragonavano il futuro del Veneto a quello Trentino. Solo oggi sono arrivati ad ammettere, ma a bassa voce, che non si può, e quindi la nuova autonomia prevede che lo Stato dia al Veneto i soldi che lo stato stesso gestisce per le spese del Veneto. Gli stessi soldi di sempre, nemmeno un penny in più, ma solo la concessione di gestione del potere.

Sperando, naturalmente, che al potere ci vadano politici coscienziosi e non successori di Galan, Zonin o veneti ‘sui generis’. Gli unici soldi in più che potrebbero arrivare, riguardano l’aumento futuro della quota Irpef, che potrebbe rimanere in Veneto. Come dire: i veneti facciano politiche virtuose e avranno più soldi. (Grazie al c…)

La promessa è garantire una gestione come quella della Sanità insomma. E la cosa, vista la situazione della Sanità veneta, dovrebbe far riflettere.

In tutto questo i leghisti veneti dove sono? A postare ovvietà  sull’accoglienza dei migranti della Sea Watch, con tanto di “Ho dato mandato a Salvini…”.

E Zaia? Luca Zaia, il governatore più amato d’Italia, ha annunciato di non firmare “un’autonomia annacquata’. Ma la sua mancata firma, il popolo non la capirebbe, impegnato com’è ad elogiare selfie alla Nutella o all’arancino e quindi è prevedibile che il governatore firmerà. Il tutto prima delle europee che, stando a voci che ormai circolano con insistenza da mesi, vedranno l’uscita di scena definitiva di Zaia dal Veneto con la promozione in Europa e la messa sul trono della Regione di un fedelissimo di Salvini.

“Ribadisco ancora una volta che noi non toglieremo nulla alle regioni che non hanno avviato l’iter dell’autonomia differenziata – ha commentato Erika Stefani – Noi non vogliamo svantaggiare o avvantaggiare nessuno ma solo dare alle regioni che ne fanno richiesta un’opportunità per altro sancita dalla Costituzione. L’imposizione di norme omologanti e l’eccessiva centralizzazione dei servizi hanno prodotto l’aumento dei divari tra le diverse realtà regionali. Ora abbiamo invertito la marcia e vogliamo avvicinare il potere ai cittadini perché con l’autonomia i cittadini sapranno riconoscere chi spende male o bene i soldi”.

Intanto, il 15 febbraio, il tema-autonomia, approderà al cospetto dei Ministri,  ma qualcuno, deluso dalla piega presa, raccomanda di metterci l’anima in pace e di non avere quelle aspettative che stanno tanto a cuore al popolo veneto.

Anna Bianchini

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