L’invito di Laura Dalla Vecchia ai ministri del Lavoro e dello Sviluppo Economico è molto chiaro: “Venite a vedere con i vostri occhi la crescita delle nostre aziende ed aiutateci a trovare personale per non essere costretti a cancellare gli ordini”. Solo trovando personale, specializzato e non, le aziende potrebbero andare avanti e continuare nella fase di ripresa post covid, senza inficiare al ribasso sul livello produttivo e senza innescare la necessità di dover rivedere al ribasso il Pil e le previsioni che l’Europa stessa ha fatto sull’Italia.

Il post covid prevede stime di crescita al rialzo e perfino l’Unione Europea ha calcolato per il Bel Paese una crescita superiore alle aspettative. “Ma manca il personale personale per far fronte al rimbalzo produttivo e ai nuovi picchi di domanda. Non solo quello specializzato. Il rischio è che le stime positive di crescita del PIL debbano essere riviste al ribasso molto presto”.

Lo ha spiegato Laura Dalla Vecchia, presidente di Confindustria Vicenza, che guarda con soddisfazione le “previsioni che rispecchiano anche i numeri, gli ordini e anche le sensazioni che raccogliamo nel territorio, nella stragrande maggioranza dei settori”, ma non può nascondere la preoccupazione degli imprenditori, che non trovano personale sufficiente e sono a volte costretti ad annullare gli ordini.

“Quello tsunami sociale che qualcuno, strumentalmente, preannunciava a partire dal 1° luglio con lo sblocco dei licenziamenti e un ritorno ad una situazione di normalità, alla prova dei fatti non c’è stato – ha sottolineato Laura Dala Vecchia – Sicuramente non c’è stato a Vicenza, dove quelle situazioni di crisi aziendali esistenti, che comunque si contano sulle dita di una mano, ma non per questo vanno trascurate, ovviamente, hanno cause note, che non dipendono dal Covid e sicuramente non si risolvono con il congelamento della situazione”.

In questo territorio, tra i più industrializzati d’Italia e d’Europa e che rappresenta la rampa di lancio dell’export italiano nel mondo, il problema vero, grave e urgente è esattamente l’opposto: “non troviamo più manodopera. Abbiamo un portafoglio ordini e una pianificazione della produzione che potrebbe superare addirittura le stime europee e portarci ad un rimbalzo ben oltre il +5%. Alcuni settori stanno crescendo in doppia cifra, alcune aziende anche attorno al 20%, arrivando tranquillamente a superare i numeri del 2019 – ha continuato la presidente degli industriali – Il problema è che, a fronte di questo picco, non abbiamo abbastanza personale per poter coprire tutta la produzione richiesta. E non parlo solo delle figure super specializzate che mancavano anche prima della pandemia, come ad esempio l’ingegnere meccanico, l’informatico, il saldatore o l’operatore di macchine a controllo numerico. Ora mancano anche le figure non specializzate. Le stesse agenzie interinali ci dicono che non hanno mai visto così poche persone proporsi per un lavoro. È una situazione paradossale perché proprio due giorni fa l’Ocse ci segnalava un ritardo italiano molto forte sul fronte dell’occupazione giovanile. Al di là di ogni racconto catastrofico che serve a creare pathos nei talk show o a fare qualche titolo allarmistico, la realtà a cui stiamo facendo fronte è questa: a Vicenza si assume, c’è tanto da fare ma non c’è abbastanza personale. E questa situazione è trasversale e si verifica a prescindere dal tipo di figura ricercata e anche dal contratto proposto”.

Dalla Vecchia ha concluso: “Sarebbe bello che i ministri del Lavoro e dello Sviluppo Economico potessero venire qui a toccare con mano la situazione, a vedere il potenziale occupazionale di questo territorio che però, ad oggi, rischia di rimanere inespresso, a danno di tutti. Venissero a confrontarsi, apertamente e senza preconcetti, con le imprese che rinunciano ad accettare certi ordini per evitare di trovarsi nella condizione di non riuscire a rispettare gli impegni presi con il cliente. Ora la carenza è davvero grave, se continua così il +5% previsto dell’Europa rischia di dover essere rivisto al ribasso nell’arco di un trimestre. Qui c’è spazio per lavorare e realizzarsi in aziende dallo standing europeo, moderne e ben attrezzate, con prospettive di carriera a tutti i livelli”.

Export in Veneto: ripresa dopo un 2020 in contrazione

La capacità di esportazione delle imprese venete relativa al 2020 (pari a 59,8 mld di euro) segna una prevedibile flessione (-8,2%), ma il Veneto riesce a definire un risultato comunque migliore rispetto a quello nazionale (-9,7%). E’ quanto emerge dal rapporto stilato da Statistiche Flash, il periodico dell’Ufficio Statistica della Regione, che ha misurato la dinamica delle esportazioni dei settori produttivi veneti, analizzando in particolare l’impatto della crisi pandemica sull’interscambio commerciale con l’estero nazionale e regionale.

In un quadro generale che vede una contrazione complessiva delle esportazioni, la flessione delle vendite estere venete – condizionata sia dal crollo della domanda di beni, che nel 2020 ha penalizzato molti mercati internazionali, sia dalle restrizioni imposte per contrastare l’emergenza sanitaria – risulta più contenuta e meno marcata e se i mesi primaverili del 2020 sono quelli che fanno registrare il dato peggiore, il secondo trimestre dell’anno segna l’avvio di un recupero, che riporta al valore dello stesso periodo del 2019. Segnali incoraggianti per una ripresa delle vendite estere arrivano inoltre dalle prime stime sull’interscambio commerciale relative al primo trimestre del 2021: il valore delle esportazioni venete di beni è pari a 16 mld di euro e risulta in crescita di un +4,9% rispetto allo stesso trimestre del 2020, dimostrando maggiore dinamicità rispetto ad un dato nazionale comunque discreto (+4,6%). A trainare l’export veneto sono i settori delle produzioni di metallo, delle apparecchiature elettriche e meccaniche; quanto ai mercati di destinazione, si segnala il sensibile aumento delle vendite verso Germania, Francia e Belgio.

Nel dettaglio, uno sguardo a livello territoriale permette di cogliere le differenze tra le singole province. Le maggiori flessioni del fatturato estero si registrano nelle province di Vicenza (-1,7 mld di euro rispetto al 2019), Padova (-1,3 mld), Treviso (-995 mln) e Belluno (-882 mln) ai quali si contrappone il risultato positivo di Rovigo (+490 mln), derivante essenzialmente dal commercio di medicinali e preparati farmaceutici. Flessioni più contenute, inferiori ai 500 mln di euro, si registrano nelle province di Venezia e Verona. Nonostante la forte contrazione, Vicenza conferma la sua leadership in Veneto per capacità di export (con una quota che supera di poco il 28% dell’intero fatturato estero regionale, pari a 16,9 mld di euro), seguita da Treviso (21% del fatturato estero regionale), Verona (19%), Padova (15,4%).

I settori più penalizzati dagli effetti della pandemia sono quelli della meccanica strumentale (primo settore dell’export veneto, con 11,6 mld di euro nel 2020) che segna un -10,5%, pari a 1,4 mld di euro in meno rispetto al 2019, e che influenza negativamente anche comparto metallurgico, che registra una contrazione dell’8,2%. Rilevante il calo del comparto moda, che pur restando il secondo settore dell’export veneto, vede una perdita dell’11,7% rispetto al 2019, fatturando quindi 9,5 mld di euro nel 2020. Battuta d’arresto anche per il comparto dell’occhialeria e delle apparecchiature mediche, che chiude il 2020 con un -23%, mentre l’agroalimentare dimostra una maggiore tenuta, limitando le perdite ad un -1,5% rispetto al 2019, pari a 7,1 mld di euro. In controtendenza il comparto chimico, con un +5,4% rispetto al 2019 (pari a 7,7 mld di euro), dovuto agli scambi di medicinali e preparati farmaceutici, cruciali nell’affrontare l’emergenza sanitaria.

Se la performance delle esportazioni verso le diverse aree geografiche ha visto quasi ovunque un segno negativo, le contrazioni più rilevanti hanno riguardato i mercati dell’Unione europea (-8,7%, pari a una perdita di 3,5 mld di euro rispetto al 2019), dell’Asia centro-orientale (-17,4%), del Medio Oriente (-14,8%), dell’Africa (-14,9%) e dell’America Latina (-16,1%). Nel dettaglio, la flessione più significativa in ambito europeo riguarda il mercato spagnolo, che segna un -21,8% rispetto al 2019. A seguire i mercati di Regno Unito e Francia, rispettivamente con un -11,4% e un -8,1%. Più leggera la contrazione del mercato tedesco, pari al -1,8%, che vede comunque ancora la Germania come principale destinazione delle vendite di prodotti veneti. Tra i principali mercati extra Ue, vale la pena sottolineare il dato relativo al mercato svizzero, che fa registrare il miglior risultato per il fatturato estero delle imprese venete: un +20,6% che fa diventare la Svizzera il quinto mercato di riferimento delle imprese regionali. L’export verso gli Usa, primo mercato extra comunitario e terzo assoluto per valore esportato dalle imprese venete, chiude il 2020 con un risultato leggermente negativo (-1,2%) mentre più rilevanti sono le perdite verso Cina (-8%) e Russia (-6,8%).

A.B.

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