E’ bufera su Erika Stefani dopo che il ministro per le Autonomie e gli Affari Regionali ha postato sul suo profilo Facebook una foto con un gruppo di Scout a cui ha consegnato la bandiera del Veneto, specificando che riportava la firma del ‘Doge’ Zaia.

Uno scivolone che è passato inosservato nella terra della Serenissima, dove è stato vissuto come un privilegio, ma che è stato fortemente criticato da molti cittadini di altre regioni d’Italia.

“Ministro della Repubblica Italiana o del Veneto? Perché la bandiera di Venezia e non il Tricolore visto che il suo stipendio è pagato anche da Basilicata o Campania?”, sono le accuse mosse ad Erika Stefani, che in questi giorni in particolare, ha tutti gli occhi addosso per i forti rallentamenti sul percorso delle autonomie differenziate e dovrebbe valutare con più attenzione parole e atteggiamenti.

Per chi conosce il ministro, è facile intuire che la foto in questione, con la bandiera consegnata ad un gruppo Scout in partenza per gli Stati Uniti d’America, non volesse essere provocatoria o intendesse sminuire il resto d’Italia, ma rappresentasse semplicemente un moto di orgoglio personale. Ha evidenziato però, ancora una volta, i grossi problemi di comunicazione in casa Lega, dove quasi nessuno dei rappresentanti istituzionali di alto livello dimostra di avere capito di non trovarsi più sul palco di una sagra di paese, ma al cospetto di tutti i cittadini d’Italia, la maggioranza dei quali gradirebbe un linguaggio istituzionale che meglio si addice a ministri e rappresentanti di governo e che di certo non include termini come ‘Capitano’ o ‘Doge’.

Ma se per il ministro il gesto aveva il sapore dell’attaccamento alla sua terra, c’è anche chi ha colto l’occasione per invitarla a dimettersi e chi non ha risparmiato l’ironia, sottolineando il sempre più evidente scollamento tra i leghisti zaiani e i salviniani, con i seguaci del vicepremier che viaggiano in un senso di marcia e quelli del governatore del Veneto che minacciano lo scisma. Un vero e proprio attacco sul suo profilo facebook di Erika Stefani, con utenti che hanno condiviso il post del ministro, accusandola di fare gli interessi di una porzione di territorio mentre dovrebbe curare quelli di tutti gli italiani.

E’ destinato a fare rumore il gesto di Erika Stefani, perchè come ogni comunicazione istituzionale che si rispetti, implica conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti. Nello specifico, la bandiera del Veneto agli Scout ha contribuito ad acuire le polemiche tra nord e sud, che in questo periodo stanno rischiando di spaccare il paese evidenziando tutte le debolezze di un contratto di governo (quello tra Lega e 5 Stelle) che sembra reggere solo sulla diplomazia del premier Giuseppe Conte, ma che in realtà nasconde una profonda sofferenza, causata in primis proprio dall’argomento autonomia, che sulla prima pagina del Corriere della Sera ha meritato un titolo inquietante ‘Povera autonomia, rischia di essere la madre di tutte le sconfitte’.

La Lega ed il suo problema di comunicazione

Non è sfuggito al grande pubblico, che la Lega veneta in fatto di comunicazione ha dei problemi seri ed i suoi vertici locali, tra profili social e dichiarazioni in dialetto, non riescono a dimostrarsi ‘sopra le parti’. A partire da Erika Stefani, ministro della Repubblica, che in pochi giorni è inciampata due volte sulla Serenissima mettendola davanti al resto d’Italia, sono in molti i vertici veneti del Carroccio a dimostrare costantemente di non aver compreso il cambiamento radicale implicito nell’essere al governo del paese.

La stessa Stefani, uscendo da Palazzo Chigi in preda a livore per l’ennesimo slittamento dell’autonomia, aveva dichiarato “l’autonomia la vuole il territorio, non si può rinnegare il referendum”, senza considerare che quel proclama implicava solo il suo Veneto e la Lombardia. ‘Quale territorio, ministro? Il suo e basta’.

Anna Bianchini

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