“Il settore distillatorio italiano sta vivendo una gravissima crisi che può portare diversi produttori al blocco di produzione per l’anno in corso”. E’ l’allarme del presidente di AssoDistil, Antonio Emaldi, e del numero uno del Consorzio nazionale Grappa, Sebastiano Caffo. “I costi del vetro, aumentato di un ulteriore 25% solo a settembre, come quello del metano e di tutte le altre fonti energetiche stanno scoraggiando il settore a produrre Grappa e acquaviti. Si rischia la paralisi. Nel caso si avverasse questo scenario- avvertono- si avrebbe un danno enorme e incalcolabile per un prodotto rappresentativo ed iconico del Made in Italy nel mondo quale è la Grappa”. Per questo Assodistil, l’associazione che raggruppa le principali distillerie italiane, e il Consorzio nazionale Grappa invocano un intervento del Governo.

L’APPELLO-SOS AL GOVERNO: DOVETE CALMIERARE I PREZZI

“Rappresentiamo 57 aziende che concorrono per il 95% circa alla produzione nazionale di acquaviti e di alcol etilico da materie prime agricole e da biomasse e queste realtà sono allo stremo. In una missiva del maggio scorso avevamo già investito del problema il ministro Giancarlo Giorgetti senza avere risposte e aiuti”, evidenziano Emaldi e Caffo. “Già allora evidenziavamo come il drammatico aumento dei costi energetici -oltre il 400% per il metano nei primi quattro mesi dell’anno- ponesse la categoria in un’enorme difficoltà. Questa tempesta perfetta si è ulteriormente aggravata e le prospettive nell’immediato appaiono drammatiche”. Dunque, “rinnoviamo con forza l’invito già avanzato a maggio al ministro Giorgetti perché si giunga a una mitigazione dei costi delle materie prime e a una riduzione delle accise sulle bevande spiritose del valore di 2,50 euro al litro anidro in modo da preservare la filiera nazionale ed evitare l’aumento dell’inflazione”.

Così come, per Assodistil e Consorzio nazionale Grappa, è urgente “l’apertura da parte della Grande distribuzione organizzata alla variazione infrannuale dei listini. Avanziamo questa richiesta perché permetterebbe almeno la copertura dei ‘costi vivi’ che le aziende stanno sostenendo. Altrimenti non vi saranno le risorse per garantire la continuità aziendale”, concludono Emaldi e Caffo.

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