Il Regionalismo differenziato rappresenta un “colpo di grazia al Servizio sanitario nazionale e la legittimazione normativa delle diseguaglianze nella tutela della salute”. Lo afferma la Fondazione Gimbe che, nel report ‘Il regionalismo differenziato in Sanità’, chiede al governo di “espungere la sanità dalle richieste di autonomia differenziata”.

“L’attuazione delle maggiori autonomie nella materia tutela della salute – afferma il presidente Gimbe Nino Cartabellotta – aumenterà le diseguaglianze regionali, violando il principio costituzionale di uguaglianza dei cittadini nel diritto alla tutela della salute”. Inoltre, “alcune forme di autonomia rischiano di sovvertire gli strumenti di governance del Ssn aumentando le diseguaglianze nell’offerta dei servizi: sistema tariffario, di rimborso, sistema di governance delle aziende e degli enti del Servizio Sanitario Regionale, determinazione del numero di borse di studio per specialisti e medici di famiglia”.

Altre istanze, rileva Cartabellotta, “risultano francamente ‘eversive’. Una maggiore autonomia in materia di istituzione e gestione di fondi sanitari integrativi darebbe il via a sistemi assicurativo-mutualistici regionali sganciati dalla, seppur frammentata, normativa nazionale”. Inoltre, la richiesta del Veneto di “contrattazione integrativa regionale per i dipendenti del Ssn, oltre all’autonomia in materia di gestione del personale e di regolamentazione dell’attività libero-professionale, rischia di concretizzare una concorrenza tra Regioni con migrazione di personale dal Sud al Nord, ponendo – sottolinea – una pietra tombale sulla contrattazione collettiva nazionale e sul ruolo dei sindacati”.

La richiesta di maggiori autonomie, continua Cartabellotta, “viene proprio dalle Regioni che fanno registrare le migliori performance nazionali in sanità”. Infatti, dalla fotografia sugli adempimenti al mantenimento dei Livelli essenziali di assistenza (Lea) relative al decennio 2010-2019 emerge che le tre Regioni che hanno richiesto maggiori autonomie si collocano nei primi 5 posti della classifica: rispettivamente Emilia Romagna (1a), Veneto (3a) e Lombardia (5a), mentre nelle prime 10 posizioni non c’è nessuna Regione del Sud e solo 2 del Centro (Umbria e Marche). Inoltre, l’analisi della mobilità sanitaria, sottolinea Gimbe, “conferma la forte capacità attrattiva delle Regioni del Nord, cui corrisponde quella estremamente limitata delle Regioni del Centro-Sud, visto che nel decennio 2010-2019, tredici Regioni, quasi tutte del Centro Sud, hanno accumulato un saldo negativo pari a 14 miliardi di euro. E tra i primi quattro posti per saldo positivo si trovano sempre le tre Regioni che hanno richiesto le maggiori autonomie”.

“Tenendo conto della grave crisi di sostenibilità del Ssn e delle imponenti diseguaglianze regionali – conclude Cartabellotta – la Fondazione Gimbe invita il Governo a mettere da parte posizioni sbrigative e propone in prima istanza di espungere la tutela della salute dalle materie su cui le Regioni possono richiedere maggiori autonomie. In subordine, chiede che l’eventuale attuazione del regionalismo differenziato in sanità venga gestita con estremo equilibrio, colmando innanzitutto il gap strutturale tra Nord e Sud del Paese, modificando i criteri di riparto del Fabbisogno Sanitario Nazionale e aumentando le capacità di indirizzo e verifica dello Stato sulle Regioni”.

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