di Anna Bianchini

La discesa della Lega comincia da Schio. A meno di 24 ore dalla conclamata vittoria alle europee, l’Alto Vicentino asfalta il Carroccio, che esce con le ossa rotte (ma rotte rotte) alle amministrative di quasi tutti i Comuni che sono andati ad elezioni.

Uno schiaffo ben assestato, che ora impone ai vertici veneti del primo partito d’Italia, osannato da nord a sud dello Stivale, una profonda riflessione.

Com’è possibile che al nord di Vicenza, dove la Lega ha attecchito da anni, ci sia uno scollamento così ampio tra istituzioni regionali e nazionali e il territorio?

Per carità, che la Lega dell’Alto Vicentino contasse come il due a briscola è stato chiaro quando si è cominciato a parlare di Sanità. Ma che il declino fosse proprio dietro l’angolo, non era ancora evidente come lo è oggi.

La débacle era iniziata a Thiene, quando alle scorse amministrative il carismatico Attilio Schneck era stato battuto al primo turno dal più moderato Giovanni Casarotto. Un segno premonitore che in molti avevano sottovalutato (giornalisti inclusi), ma che in realtà aveva fatto ampiamente capire che l’elettorato stava cambiando.

La svolta della Lega nell’Alto Vicentino è partita da lì ed in questa tornata elettorale è arrivato lo tsunami. Responsabilità in primis dei vertici del partito, che concentrati su sé stessi e convinti che il loro ruolo sia designato da Dio, non si sono resi conto dell’evoluzione degli elettori, i quali hanno imparato a pretendere competenza e concretezza, rigettando slogan facili che pesano come le chiacchiere al bar.

Complice anche l’incapacità del partito di proporre candidati validi e di essere costretti, per mancanza di milizia interna, di andare a pescare a destra e a manca in cerca di un volto adeguato alle richieste del territorio. Volto, che puntualmente è stato identificato in perfetti sconosciuti, educati (non tutti purtroppo) e presentabili, ma con nessuna competenza e nessuna capacità di fingere una preparazione che non hanno. Ed è proprio la mancanza di competenza che non è piaciuta all’Alto Vicentino, che dopo 2 anni di cantonate su autonomia, sanità e opere pubbliche, ha deciso di sbattere la porta in faccia a chi crede di essere il padrone quando invece è solo un suddito.

La batosta più sonora a Schio, città che ormai da decenni precorre i tempi a livello nazionale e dove da mesi i sostenitori di Ilenia Tisato, il candidato in assoluto più imbarazzante per il primo partito d’Italia, se ne andavano tronfi e sfrontati a cantare vittoria sfoggiando interventi dei loro leader a varie serate per far vedere quanto conta avere il partito alle spalle. Se non vale a nulla il candidato (e ancora meno la squadra), il partito non conta un cavolo e più chiaro di così non poteva essere.

E ora il problema è bello tosto. Perché in un comune come Schio, dove il candidato della Lega ha dichiarato apertamente di non saper nemmeno leggere il bilancio e per darle una mano a fare campagna elettorale sono venuti i “pezzi da novanta” della Lega, ora sono proprio quei “pezzi da novanta” ad avere perso.

Matteo Salvini, Erika Stefani, Luca Zaia, Mara Bizzotto, Roberto Ciambetti, Roberto Marcato e Maurizio Colman. Tutti in prima fila a predicare e a fare selfie, a urlare dai palchetti e a dispensare pacche sulle spalle. Per poi, alla fine, essere sconfitti da Valter Orsi e da Leonardo Dalla Vecchia, al cui cospetto ora, se tornano a Schio, dovranno inchinarsi.

E lo stesso succede negli altri Comuni, dove la Lega si è schiantata al pari di Schio.

Su tutto quindi rimane un quesito, che poi è il vero fulcro della politica: con quale senso di responsabilità nei confronti dei cittadini, i vertici del partito hanno scelto di candidare queste persone?

Anna Bianchini

ecco il grafico con i dati di alcuni Comuni del territorio realizzato dal nostro lettore Alberto Fabris su dati del Ministero dell’Interno

 

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