Nel 2002 in Veneto i ricoveri sono aumentati del 5% rispetto al 2021, gli interventi chirurgici dell’8%, i trapianti del 9%: “Stiamo lavorando davvero con grande determinazione. Il vero punto critico oggi è la mancanza di personale”, dice il presidente della Regione, Luca Zaia in occasione dell’inaugurazione della “Cittadella della salute” a Treviso. Negli ultimi tre anni il Veneto ha assunto quasi 21.000 professionisti della sanità. “Considerando il delta con le cessazioni, ad oggi il saldo è di 3.063 operatori in più nelle nostre corsie. Sono numeri che confutano l’adagio che non c’è personale perché non viene assunto; solo quest’anno le assunzioni sono state 5.220, con più di 140 concorsi, ed il saldo fra entrate ed uscite nel 2022 conta oltre 200 nuovi professionisti”. La “vera sfida- afferma il presidente- è pensare che in questo Paese mancano circa 50.000 medici; serve affrontare questa partita con una visione innovativa a cominciare dal superamento del numero chiuso all’Università. Ma si deve portare avanti anche un’altra sfida: ci sono fior di professionisti obbligati ad andare in pensione dal servizio pubblico ma senza obblighi verso il privato. Su di loro facciamo investimenti nella formazione, sulle attrezzature, sui team, sulle strutture in maniera sempre più importante, ma quelli che intendono lavorare ancora dopo la pensione possono farlo soltanto nel privato”. Dunque, “è opportuno cominciare a valutare che anche chi ha raggiunto l’età pensionabile possa in maniera volontaria proseguire il suo lavoro nel nostro sistema pubblico. Diversamente lo ritroviamo nella struttura privata al di là della strada”.

Situazione drammatica

La carenza di medici in Italia rischia di diventare strutturale. La conferma arriva dai dati sulle scuole di specializzazione diffusi da Anaao Assomed, la principale sigla dei medici ospedalieri. Nonostante l’aumento del numero di borse per specializzandi a quasi 15mila l’anno, sempre più neo laureati in medicina decidono di diventare medici a gettone. L’allarme è stato lanciato da Giammaria Liuzzi, responsabile giovani di Anaao Assomed, sulle pagine de Il Sole 24 Ore. A un medico a chiamata bastano 3-4 turni in pronto soccorso per guadagnare i 1.300 euro al mese degli specializzandi, ha tuonato.

I giovani medici italiani scappano dalla sanità pubblica italiana non solo per ragioni economiche ma anche perché sono “stanchi, arrabbiati, disillusi”, spiega il segretario nazionale Anaao, Pierino Di Silverio, ricordando che ogni giorno sette medici lasciano il servizio pubblico. Una vera emorragia che non accenna a fermarsi, aggravata dal fatto che le nuove leve si orientano soprattutto verso il privato.

La fotografia scattata da Anaao è molto chiara: gli specializzandi schivano i reparti “più difficili”. Quali sono? Quelli più stressanti, come i pronto soccorso. Basti sapere che su 886 borse bandite per specializzarsi in medicina d’urgenza oltre la metà (537) non sono state assegnate. La situazione è critica anche per le terapie intensive, con 279 borse non assegnate su 1.248 bandite. I camici bianchi evitano anche microbiologia e virologia: su 131 borse bandite sono ben 113 quelle  non assegnate. Secondo Liuzzi uno dei grandi problemi della carenza di medici nel servizio sanitario nazionale è legato anche alla mancata riforma del percorso formativo: “Siamo l’unico Paese dove non ci sono contratti di lavoro formazione, qui gli specializzandi che lavorano tutti i giorni in corsia sono trattati come studenti. E poi alcune specialità come il pronto soccorso sarebbe necessario riconoscerle come lavoro usurante oltre a prevedere indennità ad hoc e più flessibilità nell’impiego”.

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