Una struttura che conta trecento ospiti e il personale, a contatto continuo ed il coronavirus che si espande. Il timore di Giuseppe Sola, presidente de La Casa, la struttura per anziani di Schio, è che il contagio, prima o poi, arrivi anche tra le mura e il personale, creando una situazione di alto rischio. Per questo torna a chiedere, come aveva fatto circa un anno fa, la riapertura di una parte del De Lellis di Schio, dove allestire per tempo terapia intensiva o sub-intensiva per mettere in quarantena persone che a casa non potrebbero stare.

Sola non è l’unico a pensare che la riapertura dei vecchi ospedali, De Lellis a Schio e Boldrini a Thiene, sia una soluzione. Dopo l’annuncio che ipotizza l’intenzione di reperire strutture a Valdobbiadene (Treviso) e Monselice (Padova) e di crearne una per provincia, destinata solo ai malati di Coronavirus, anche i sindacati locali di Usb e Pci chiedono al governatore Zaia di valutare la riapertura delle due grandi strutture in Alto Vicentino.

“Già in tempi non sospetti avevo ipotizzato di poter utilizzare una parte del vecchio ospedale De Lellis di Schio per accogliere le persone che venivano dimesse dall’ospedale di Santorso e che avevano bisogno ancora di quell’assistenza che, in un’abitazione privata, pareva complicata – ha sottolineato Sola – Il tutto in sinergia con la C.a.s.a., della quale mi onoro di essere presidente, quindi con personale formato, infermieri ed operatrici, ed anche fornitura dei pasti preparati dalla nostra cucina interna. La cosa, alquanto complessa, per il momento non ha avuto seguito. Ora, con il diffondersi del coronavirus, al quale noi non saremmo indenni, mi preoccupa qualche contagio all’interno dei nuclei de la C.a.s.a., dove abbiamo 300 ospiti, e mi chiedo pertanto se possiamo anticipare i tempi ed attrezzare qualche corridoio del De Lellis per la terapia intensiva o sub-intensiva, pronti quindi per mettere in quarantena persone che a casa non potrebbero stare. Per quanto riguarda le strutture e attrezzature necessarie, sono convinto che una campagna di raccolta fondi da parte dei cittadini dell’alto vicentino, troverebbe largo consenso. Riflettiamoci prima che sia troppo tardi”.

Per i sindacati di Usb e Pci “Riaprire le rianimazioni di Schio e Thiene è un’occasione per Zaia, che potrebbe ‘recuperare’ agli occhi dei cittadini che da anni lamentano i tagli alla Sanità.

“I posti letto del nuovo ospedale di Santorso, ad esempio, sono circa 400 rispetto ai 520 dei due ospedali dismessi di Schio e Thiene, 120 letti in meno – spiegano i firmatari della proposta al presidente del Veneto – Anche nel nostro territorio, un tempo un’eccellenza, le cose non sono più come prima. Questo non è il frutto di una qualche ‘cattiva persona’, ma il frutto di un sistema basato esclusivamente sul profitto. Continuiamo a sentire che ‘non ci sono più soldi’, ma ne siamo sicuri?”

Sotto la lente finiscono quindi i costi di Mose e Pedemontana, miliardi di fondi pubblici per infrastrutture e gli svariati appelli di Luca Zaia, che invita a rimanere in casa proprio per evitare che il sistema sanitario collassi sotto il peso dei toppi contagiati.

“L’accoglimento dell’appello per riaprire i vecchi ospedali di Schio e Thiene o, almeno, riattivarvi i servizi più urgenti come quelli delle sale di rianimazione sarebbe l’occasione per chi ha governato il Veneto negli ultimi decenni di dimostrare che sbagliare si può – concludono i firmatari della richiesta di riaprire le rianimazioni di Thiene e Schio – ma che correggersi è da veri amministratori pubblici”.

A.B.

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