Annunci di tamponi a tappeto che si rincorrono da giorni e si susseguono nonostante manchino i reagenti e i laboratori siano intasati.

Sappiamo tutti che la situazione epidemica che sta colpendo l’intero pianeta è di difficile gestione visto che una simile evenienza probabilmente non era mai stata nemmeno ipotizzata.

Questo ha colto impreparato il sistema sanitario e gli amministratori pubblici per cui è comprensibile qualche errore e qualche inadempienza. È meno comprensibile la politica degli annunci che non sono seguiti dai fatti di cui non pare indenne il nostro Veneto.

È quanto denuncia una signora che chiameremo Stefania (nome di fantasia a tutela della privacy sanitaria) che ha vissuto sulla sua pelle questa contraddizione.

Stefania, cosa le è successo?

L’altra settimana il servizio sanitario dell’Ulss ci ha contattato informando mio marito che uno dei commensali di una cena cui aveva partecipato era risultato positivo al Covid-19 e di rimare, quindi in auto isolamento a casa. Gli è stato raccomandato di prestare attenzione all’insorgenza di eventuali sintomi di tipo influenzale.

Come si è evoluta la situazione?

Qualche giorno dopo mio marito ha cominciato a manifestare un po’ di febbre per cui abbiamo chiamato subito il nostro medico di base spiegandogli quanto accaduto e chiedendo se fosse il caso di recarsi in ospedale per gli accertamenti del caso, ma ci suggerì di attendere. In breve si manifestò un po’ di tosse e la febbre salì. La cosa ci preoccupava particolarmente perché mio marito soffre di patologie respiratorie. Informai l’ospedale chiedendo ripetutamente, meglio dire mendicando, che venisse sottoposto al tampone per capire se fosse positivo al Coronavirus, ma senza ottenerlo. Il livello della mia disperazione e l’impotenza nel vedere l’aggravarsi di mio marito senza avere risposte concrete dal sistema sanitario, spinta anche dalle notizie che in quei giorni venivano diffuse, mi portarono a prendere l’auto e a fare il giro di tutti i supermercati della zona nella speranza di trovare le annunciate postazioni mobili che avrebbero dovuto eseguire i tamponi. Ma non ne trovai traccia.

Cosa successe dopo queste telefonate?

Mio marito si aggravò e, con febbre a 40 e tosse persistente, lo portai al Pronto Soccorso di Bassano dove, vista la situazione, lo ricoverarono subito in terapia intensiva, dove si trova tutt’ora e sottoposto a tampone che, purtroppo, diede esito positivo. Ci vollero però, due giorni per avere il referto. Da quel momento non ho più visto mio marito e la cosa mi angoscia.

A quel punto il tampone lo fecero anche lei, immagino….

Si sbaglia. È stata la prima cosa che chiesi avuto l’esito di mio marito dato che, come spiegai al personale sanitario, fino al ricovero gli prestai assistenza senza particolari attenzioni. Mi dissero che non manifestando sintomi, il protocollo non lo prevedeva e di monitorare l’eventuale insorgenza di questi sintomi.

Cosa che mi pare di capire, è successa?

Purtroppo sì. Essendo sola in casa ho dovuto chiamare il 118 e l’ambulanza mi ha portato all’ospedale di Santorso dove, dopo alcuni inconvenienti, sono risultata anch’io positiva al Covid.

Ora come sta?

La mia situazione al momento non è grave, fortunatamente, ma mi preoccupa la situazione di mio marito col quale non posso parlare essendo lui in terapia sub-intensiva respiratoria. Le uniche informazioni le ho tramite il personale sanitario che ringrazio per quanto possono fare.

In conclusione Stefania, cosa si sente di dire?

Per l’esperienza vissuta, verificatasi negli ultimi 10 giorni, posso affermare che contrariamente agli annunci coi quali si sarebbero fatti 20mila tamponi al giorno seguendo il ‘modello Corea’ o ‘concentrici’ cioè ad allargarsi concentricamente rispetto ad un punto di contagio, non corrispondono i fatti, purtroppo. Posso anche affermare che il mio non è un caso isolato.

Maurizio Dal Santo

Ti è piaciuto questo articolo? Condividilo su:
Stampa questa notizia