Impianti, alberghi e strutture ricettive chiuse, dall’Altopiano alle Dolomiti mancano 100mila turisti, con ripercussioni devastanti sui comparti turistico e agrituristico.

“Un danno pesante per il sistema agrituristico e per tutto l’indotto del turismo vicentino e veneto”, ha commentato Martino Cerantola, presidente di Coldiretti Vicenza, dopo aver analizzato i dati dell’Osservatori Statistico Regionale che fanno riferimento al mese di gennaio dell’anno scorso.

“Considerata l’emergenza sanitaria, la preoccupazione aumenta in vista della fine del mese per la continua assenza di italiani e stranieri su piste da sci, rifugi e malghe”, ha detto.

Da Asiago a Belluno, passando per la comunità montana della Lessinia, la Pedemontana e le Prealpi Trevigiane, il presidio degli agricoltori permette di promuovere accoglienza ed ospitalità in realtà strategica espressione della coesione tra città e campagna, in una logica di nuove geografie territoriali.

“Proprio dal lavoro di questo periodo dipende buona parte della sopravvivenza delle strutture agricole – spiega il presidente provinciale di Coldiretti Vicenza, Martino Cerantola – che con le attività di allevamento e coltivazione svolgono un ruolo fondamentale per il presidio del territorio contro il dissesto idrogeologico, l’abbandono e lo spopolamento. Un vuoto pesante per il sistema turistico, che si aggiunge alle perdite registrate a fine anno con una sensibile riduzione di vacanzieri a dicembre. Il mancato introito per spese nell’alloggio, nell’alimentazione, nei trasporti, divertimenti, shopping e souvenir non risparmia il cibo diventato la voce principale del budget delle famiglie in viaggio nel BelPaese con circa un terzo della spesa di italiani e stranieri destinato alla tavola per consumare pasti in ristoranti, pizzerie, trattorie o agriturismi, ma anche per cibo di strada o specialità enogastronomiche”.

Situazione pesante per gli agriturismi. “Gli agriturismi sono in difficoltà – conclude Cerantola – pur attivando l’asporto ed il menù porta a porta non hanno coperto le perdite per le cerimonie, pranzi e cene saltati a causa della pandemia. Gli investimenti per l’accoglienza, l’ospitalità e la ristorazione sono rilevanti se si considera che le aziende sono situate spesso in aree economicamente fragili segnate ancora dalle ferite ambientali provocate dall’uragano Vaia, ma allo stesso tempo di grande bellezza, nessun rimborso, per quanto utile, riuscirà a ripagare quanto organizzato e messo in campo dagli operatori del settore per gli sport all’aria aperta a contatto con la natura, escursioni e passeggiate con servizi ad hoc per le famiglie ospiti”.

Caner: ‘Non aumentiamo posti letto agriturismi’

La legge regionale veneta sugli agriturismi vedra’ la luce, ma senza forzature e con una mediazione che la rendera’ ‘digeribile’ anche al mondo del turismo tradizionale. Lo spiega alla ‘Dire’ l’assessore regionale al Turismo Federico Caner, in risposta alla nota diffusa ieri sera dal presidente di Confturismo Veneto Marco Michielli, in cui l’associazione paventa il rischio che la nuova norma, al momento al vaglio delle commissioni, inneschi “una guerra tra i poveri”. La modifica che allarma Confturismo e’ “la possibilita’ di gestire diversamente i 60 posti letto concessi agli agriturismo”, spiega Caner. “Finora gli agriturismo possono avere fino a 60 posti letto, di cui al massimo 30 nella struttura principale e altri 30 come agricampeggio.
La nuova norma prevede che ci sia piu’ flessibilita’ nella ripartizione, mantenendo il limite dei 60 posti complessivi”. Questa, pero’, visto anche il momento in cui il turismo e’ fermo e quindi non si evidenzia una particolare esigenza di posti letto, “e’ una modifica su cui si puo’ anche soprassedere”, anticipa Caner, ipotizzando “un emendamento alla norma che riporti la situazione com’era”. Le altre modifiche, invece, sono importanti ma “non impattano fortemente nel rapporto con le altre strutture turistiche”.
La modifica della percentuale di prodotti autoctoni dell’agriturismo, ad esempio “la porta dal 65% al 50%. Ma contestualmente abbiamo previsto che la quota di prodotti tipici del territorio certificati si alzi dal 20% al 35%”, quindi il 15% in meno di prodotti realizzati direttamente nell’agriturismo viene compensato da un 15% in piu’ di prodotti tipici del territorio, “magari forniti da un agriturismo vicino”. Tra l’altro bisogna ricordare che “fino alla scorsa legislatura la quota di prodotti da agriturismo era del 50%, ed e’ stata alzata al 65% per un errore in consiglio regionale… È fuori luogo, nessuna Regione ha una percentuale del genere. Anzi, quelle confinanti con il Veneto prevedono il 35%”.
Per quanto riguarda la possibilita’ di effettuare l’asporto dei cibi, invece, “lo ha previsto lo stesso dpcm durante il lockdown”, ricorda Caner, secondo cui la decisione non impattera’ sull’attivita’ dei ristoranti una volta tornati alla normalita’. “Tutte le altre sono modifiche migliorative dal punto di vista della burocrazia e adeguamenti a normative nazionali, ad esempio l’introduzione dell’enoturismo e dell’olioturismo”, conclude Caner. Insomma, “noi siamo disponibili a ragionare, non siamo di corsa, si puo’ trovare una mediazione”.

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