Falsi Asiago, Parmigiano reggiano e mortadella Bologna ‘made in Cile’ sono “l’ennesimo colpo alle produzioni Made in Italy assediate dai tarocchi con un danno per oltre cento miliardi di euro ogni anno nel mondo”. Dopo la Regione Veneto e la Lega ieri, oggi va all’attacco Coldiretti per la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale cilena delle domande di registrazioni dei tre marchi “Asiago”, “Bologna” e “Parmesan” da parte del Consorzio statunitense CCFN (Consortium of Common Food Names). “Una richiesta grave- sottolinea Coldiretti- alla luce degli sforzi intrapresi dall’Unione europea nell’ambito dei negoziati sulla modernizzazione dell’Accordo di associazione Ue-Cile attualmente in corso. Serve- continua la Coldiretti- una efficace azione di contrasto a livello internazionale della Ue al Wto (Organizzazione mondiale del commercio) ma anche un maggiore impegno nei negoziati di libero scambio dell’Unione Europea per tutelare il Made in Italy”. Il Cile, ricorda Coldiretti, è ha introdotto il bollino nero in etichetta che sconsiglia l’acquisto di prodotti dall’Italia come il Parmigiano, il Gorgonzola, il prosciutto e gli gnocchi. Mentre il Ccfn “è la lobby dell’industria casearia americana che produce i falsi formaggi italiani negli Usa e che- sottolinea Coldiretti- aveva già esplicitamente chiesto al Governo degli Stati Uniti di imporre tasse alle importazioni di prodotti europei al fine di favorire l’industria del falso Made in Italy negli Usa e costringere l’Unione Europea ad aprire le frontiere ai tarocchi a stelle e strisce”. Coldiretti sollecita quindi l’Unione Europea a “bloccare l’ennesimo scippo ai danni del sistema agroalimentare nazionale con ripercussioni a lungo termine su lavoro, esportazioni e possibilità di sviluppo delle imprese”.

Per colpa del cosiddetto “italian sounding” nel mondo, stima Coldiretti, più due prodotti agroalimentari Made in Italy su tre sono falsi senza alcun legame produttivo ed occupazionale con il nostro Paese. “Con la lotta al falso Made in Italy a tavola- afferma Coldiretti- si possono creare ben 300.000 posti di lavoro in Italia. A taroccare il cibo italiano sono soprattutto i Paesi emergenti o i più ricchi dalla Cina all’Australia, dal Sud America agli Stati Uniti. Negli Usa il 99% dei formaggi di tipo italiano sono ‘tarocchi’ nonostante il nome richiami esplicitamente le specialità casearie più note del Belpaese, dalla Mozzarella alla Ricotta, dal Provolone all’Asiago, dal Pecorino Romano al Grana Padano, fino al Gorgonzola”. Ma sul mercato dell’italian sounding si è buttata anche la Russia dove l’embargo ai prodotti italiani per il braccio di ferro con l’Unione europea “ha favorito la nascita e la proliferazione di brutte copie russe del Made in Italy”. Fra le imitazioni dei prodotti caseari nazionali nel mondo, in cima alla classifica c’è la mozzarella, seguita dal parmesan, dal provolone, dalla ricotta e dal Romano realizzato però senza latte di pecora. “La pretesa di chiamare con lo stesso nome prodotti profondamente diversi è- conclude Coldiretti- inaccettabile e rappresenta un inganno per i consumatori ed una concorrenza sleale nei confronti degli imprenditori”

 

 

“Giù le mani dall’Asiago. Condivido l’invito del Presidente del Consorzio del formaggio Asiago: non abbiamo bisogno dell’imposizione di un’etichetta da Bruxelles per sapere che il formaggio dell’Altopiano è sano, una prelibatezza da gustare e proteggere. L’Europa dovrebbe pensare a difendere i prodotti del territorio invece che propinare semafori e larve”.

Con queste parole, Milena Cecchetto, consigliera regionale del Gruppo Liga Veneta per Salvini Premier, commenta “la presa di posizione del Consorzio dei caseifici dell’Altopiano riguardo al Nutriscore”.

“Sulle etichette dei prodotti sono già indicate tutte le informazioni necessarie – spiega Cecchetto – Il bollino rosso è culturalmente legato all’indicazione di ‘pericolo’ e avrebbe quindi la funzione di dissuadere i consumatori dall’acquisto. Il formaggio Asiago, al pari di altri nostri prodotti tipici, è un patrimonio gastronomico che tutto il mondo ci invidia. Non c’è alcun bisogno che i burocrati europei ci insegnino come farlo o ci spieghino le sue qualità e caratteristiche”.

“Bruxelles si astenga dal rilasciare pareri e indicare parametri studiati in ufficio – dichiara Milena Cecchetto – Se in Europa preferiscono le larve e i vermi, problemi loro. L’Asiago è nostro e non ha bisogno di alcuna etichetta a semaforo”.

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