Monte di Malo si ribella all’idea che uno di quei giovani accolti in paese abbia commesso un reato così grave.
Mentre Cornedo esprime solidarietà nei confronti della donna che ha presentato domenica sera denuncia di violenza sessuale nei confronti di un immigrato, di cui non si ha traccia, a Monte di Malo ‘a microfoni spenti’ si esprimono tutti.
Si stenta a credere che un profugo abbia trascinato e violentato nel parchetto di Pria Bona quella donna che faceva fatica a parlare e a ricordare.
I Carabinieri, nella giornata di ieri, sono stati a fare visita all’immobile dove attualmente sono accolti i richiedenti asilo sui quali adesso si punta l’indice per un fatto di cronaca sul quale aleggia il mistero. Persino sui social network, dove si scatena chiunque, è regnato il silenzio dopo la divulgazione della presunta violenza sessuale, a cui sembra non credere nessuno.
Eppure, una denuncia esiste. Una denuncia forte, che racconta di un incontro ravvicinato tra la donna di Cornedo ed il giovane ‘dalla pelle scura’ ospite a Monte di Malo.
Le testimonianze
Secondo quanto riferito dai Carabinieri, che chiedono del tempo per poter fare piena luce sull’episodio, la presunta vittima dello stupro sarebbe arrivata in un pub di Monte di Malo grazie al passaggio in auto da parte di una coppia di coniugi, ai quali la donna avrebbe raccontato di essere stata cacciata di casa dal compagno. Un fidanzato violento, che spesso la riempiva di botte, con il quale era un continuo inferno, fino alla serata di domenica, quando al culmine dell’ennesimo litigio, lei sarebbe stata allontanata dalla loro abitazione.
Quindi l’autostop ed il soccorso di marito e moglie, che l’avrebbero accompagnata nel locale dove la donna è apparsa quasi delirante. Non faceva che parlare del convivente, descritto come un mostro. Lì sarebbe stata rifocillata e si sarebbe consolata bevendo a più non posso, fino a perdere il controllo. Ad un certo punto se n’è andata per poi bussare alla porta della casa di una coppia alla quale ha raccontato di essere stata abusata da un uomo di colore. “Mi ha violentata”, ha ripetuto poi ai carabinieri, arrivati sui luoghi. I militari si sono imbattuti in una persona fortemente alterata: era ubriaca, forse anche sotto l’effetto di stupefacenti e farfugliava. Il suo racconto poco chiaro quando descriveva quel ‘mostro’ che l’aveva trascinata e scaraventata sull’erba del parco. I Carabinieri, agli ordini del maggiore Vincenzo Gardin, hanno messo in atto il protocollo previsto in casi di violenza sessuale. Ci vorranno oltre 10 giorni per avere gli esiti delle analisi eseguite. Riscontri che potrebbero dare la svolta alle indagini, che potrebbero culminare con una denuncia di simulazione di reato nei confronti della donna nel caso avesse mentito, oppure potrebbero indirizzare gli investigatori nell’identificazione del presunto violentatore.
Gli abiti
La donna indossava un paio di leggins e chiunque abbia parlato con lei, che dichiarava di essere stata violentata, è rimasto colpito dal fatto che gli abiti fossero perfettamente puliti e in ordine. Sul corpo della donna inoltre nessun segno di lesione e nessuna percossa.
Il tema profughi a Monte di Malo
Sebbene non si creda al racconto dello stupro, a Monte di Malo non sono tutte rose e fiori nella convivenza con quel gruppetto di richiedenti asilo che soggiornano a Pria Bona.
In paese si vocifera da tempo di un immigrato che, in tarda serata, si sposterebbe in bicicletta tra Malo e Monte di Malo e in molti si chiedono il motivo di questo via vai, con il buio e ora anche con il freddo. Ma in particolar modo, da tempo si parla di alcuni profughi che salirebbero nell’autobus che da Valdagno porta a casa da scuola alcune ragazze dopo il termine delle lezioni. Pare che gli uomini, spesso si avvicinino alle giovani chiedendo loro di andarli a trovare nei loro alloggi la sera o di trovarsi in qualche posto per qualche momento di intimità. Finora non ci sono state denunce in merito, ma sono parecchi gli adulti del paese che sembrano aver deciso di tenere gli occhi aperti e di farsi vedere più presenti nella vita (soprattutto serale) della comunità.
Identificare i colpevoli di violenza sessuale potrebbe diventare più semplice, grazie ad un software che mira ad aiutare i giudici nel destreggiarsi tra le ambiguità che spesso si nascondono dietro le prove del Dna. Il nuovo programma open-source, cioè facilmente modificabile dagli utenti, permette di visualizzare quanti uomini in una data popolazione potrebbero corrispondere al cromosoma maschile Y rinvenuto sulla scena del crimine.
Con il dna, più facile risolvere i casi violenza sessuale
Le possibili applicazioni in ambito forense sono descritte sulla rivista Plos Genetics dai ricercatori David Balding, dell’Università di Melbourne in Australia, e Mikkel Andersen, dell’Università di Aalborg in Danimarca.
L’analisi del profilo del cromosoma Y è particolarmente utile quando si ha un piccolo quantitativo di Dna maschile mescolato ad abbondante Dna femminile, come accade nei casi di violenza sessuale. Illustrare questa prova in tribunale, però, è spesso complicato, perché il cromosoma Y rimane pressoché identico nella trasmissione di padre in figlio: accade così che lo stesso profilo del cromosoma possa essere condiviso da decine di uomini in una popolazione.
Invece di perdersi tra calcoli di probabilità e metodi di conta nei database di popolazione, Balding e Andersen propongono di usare il nuovo software per quantificare i risultati e renderli più facilmente interpretabili ai giudici, mostrando il possibile numero di uomini corrispondenti alla traccia biologica e le conseguenze che derivano dal grado di relazione che li lega.
I ricercatori dimostrano inoltre che la distribuzione di questi uomini può essere condizionata dalle informazioni contenute nei database, e suggeriscono modi per presentare questo dato in tribunale rendendo chiaro che il cromosoma Y non può identificare il colpevole in maniera definitiva, ma può restringere drasticamente il cerchio intorno a lui. Spetta poi ai giudici valutare se ci sono altre prove utili a incastrare il criminale.