Di fronte ai recenti episodi di bullismo al Garbin di Schio molti si stanno chiedendo se anche nell’Alto vicentino il triste fenomeno non stia diventando una delle tante piaghe sociali dalle quali ci credevamo immuni. E se al Garbin alcuni studenti si sono scagliati con tanto di sedie contro un docente, altri episodi si sono verificati nel territorio, con gruppetti di adolescenti che, fuori dalle scuole, si sono resi protagonisti di gesti con i quali dimostrano di farsi un baffo delle autorità e dell’educazione.

Preso atto del problema, anche le Amministrazioni comunali si sentono in dovere di scendere in campo per dare il loro contributo, anche se limitato nelle competenze effettive. L’Assessore ai Servizi educativi del Comune di Schio Roberto Polga, dirigente scolastico, ritiene che l’Amministrazione può certo fare qualcosa ma fondamentale in queste situazioni è il dialogo, ovvero non aver paura di parlare agli alunni. Quelli che possono sembrare macigni insormontabili si trasformano in semplici sassolini che, afferma Polga, creano un qualche fastidio, ma rimangono sassolini.

Assessore Polga, parliamo dei recenti fatti di bullismo al Garbin di Schio. Che idea si è fatto in proposito?

‘Innanzitutto vorrei mettere in chiaro che i gravissimi episodi di cui abbiamo avuto notizia debordano dalle caratteristiche del bullismo, che descrive comportamenti offensivi e aggressivi ai danni delle persone per esercitare un potere o un dominio sulla vittima, sia fisico che psicologico. Qui siamo di fronte a vere e proprie minacce, violenza privata e lesioni’.

Quale linea di comportamento dovrebbero seguire gli insegnanti? Sospensioni a pioggia oppure tentativo di educare a tutti i costi?

‘Non spetta certamente a me giudicare e valutare la gravità di tali azioni, certo è che non esiste una ‘ricetta’ sicura che possa funzionare veramente da deterrente per eliminare questi comportamenti. Educare un alunno esige doti di mente e di cuore. Il rispetto per gli altri è la base fondamentale per convivere civilmente in una società, poiché ci dobbiamo confrontare con una comunità di altre persone e questo comporta regole e limitazioni ben precise. Ma c’è un aspetto allarmante e spesso sottovalutato in questi episodi: la mancanza di una vera e propria percezione della responsabilità personale. Molti decidono di pensare non con la propria testa ma con quella del branco. Lo decide pertanto la singola scuola qual è la strategia educativa più idonea ed efficace per promuovere l’educazione alla cittadinanza e la prevenzione ed il contrasto ai fenomeni di violenza. Il compito educativo spetta sì in primo luogo alle famiglia ma ciò richiede comunque l’aiuto di tutta la società. Famiglia, scuola ed istituzioni della società civile devono svolgere l’importante compito educativo nei confronti dei nostri ragazzi tutte assieme’.

Il gruppo dei bulli è al 95% di origini extracomunitarie. Ritiene che l’integrazione sia una utopia se nemmeno da bambini si riesce a fare un gruppo unito?

‘Il tema dell’integrazione è complesso e ricco di mille sfaccettature. Credo che il seme della vera inter-azione (a me piace definirla così) debba venire gettato proprio a partire dall’ambiente scuola, humus dove si possono radicare i valori dell’educazione alla cittadinanza. Ma la scuola da sola non può assolutamente reggere e quindi ritorno al concetto dell’aiuto reciproco. Il proverbio africano ‘Per educare un figlio ci vuole un intero villaggio’ è illuminante. L’integrazione è una ‘pratica sociale’ e dove non c’è attenzione, dove si lasciano soli i nostri ragazzi, le famiglie, le scuole c’è il rischio della ghettizzazione in senso lato’.

C’è qualcosa che potete comunque fare come Amministrazione in relazione a questi episodi?

‘Esserne a conoscenza è fondamentale per porre in essere alcune azioni mirate. In questo caso sollecitare e attivare contatti di supporto con il servizio del Distretto Sociosanitario, azioni di controllo della Polizia Locale, azioni che possono coinvolgere l’Associazione genitori. Sensibilizzare è fondamentale per prevenire. Anche nella vita di tutti i giorni si vedono piccole effrazioni alle regole della comunità: buttare una cartaccia per terra o salire su un pullman di linea senza biglietto. Avere coscienza e consapevolezza dell’illegalità, o più semplicemente dell’immoralità delle nostre azioni, non è più derogabile. E qui il mio sostegno all’azione educativa di tutti gli operatori scolastici: la scuola, mentre con cura costante matura le facoltà intellettuali ha la ‘mission’ di sviluppare la capacità di giudizio, promuovere il senso dei valori, preparare alla vita professionale generando rapporti amicizia tra alunni di carattere e condizioni sociali diverse’.

Assessore, che scuola ha frequentato? Le sono mai capitati episodi simili?

‘Ho frequentato quello che ai miei tempi era l’Istituto magistrale (l’attuale Liceo delle Scienze Umane), poi il Conservatorio di Musica di Vicenza (mi sono diplomato in clarinetto) e poi ho ottenuto la laurea di 2° livello in Discipline Musicali. Diciamo che la frase ‘Te speto fora…’ usata dai bulletti dei mie tempi, sì l’ho sentita, ma per fortuna non nei miei confronti o di qualche altro mio compagno di studi. A essere onesti in una classe di 28 alunni di cui 3 soli maschi non c’erano problemi di sorta!’

Marta Boriero

 

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