“Gli infermieri sono in prima linea contro il coronavirus e sentono l’affetto delle persone, gli striscioni negli stadi e le pizze consegnate in corsia: sono tutti gesti che ci danno un grande conforto, ma manca un riconoscimento da parte delle istituzioni”. Andrea Bottega, segretario nazionale del sindacato Nursind, racconta alla ‘Dire’, come vivono gli operatori sanitari stretti tra orari massacranti e la gestione della vita familiare.

“La principale preoccupazione – spiega il sindacalista degli infermieri che lavora a Vicenza – e’ quella che possano reggere per tutto il tempo necessario. Le misure del governo mirano a contenere il contagio e a rallentare l’afflusso di malati negli ospedali, in particolare in terapia intensiva. Il personale medico ce la sta mettendo tutta, ma non puo’ reggere due mesi cosi'”. L’infermiere, osserva Bottega, “e’ come un cavallo da corsa, fai i 100 metri ma non puoi fargli fare la maratona, ha bisogno di riposo altrimenti puo’ andare in crisi”.

Una crisi che si rischia anche dal punto di vista dell’organizzazione degli ospedali perche’ in questa fase, “tutte le altre attivita’ non connesse all’emergenza coronavirus sono rimandate, ma ci sono operazioni importanti da fare, come quelle ai malati di tumore, che richiedono posti letto”. Insomma il problema e’ strutturale: “La carenza di personale e’ cronica ed e’ stata segnalata da tempo: il giorno prima che scoppiasse l’emergenza, ad esempio- racconta il segretario – noi a Monza avevamo lanciato una campagna affiggendo nelle strade dei manifesti. Volevano richiamare l’attenzione sul fatto che un minor numero di infermieri crea piu’ decessi negli ospedali. Ci sono studi scientifici che lo dimostrano: ci vorrebbe un infermiere ogni 6 pazienti ma la media in Italia e’ di un infermiere ogni 17 ricoverati”. Il personale sanitario poi deve affrontare problemi anche organizzativi e familiari: “Spesso gli infermieri si sposano tra loro o comunque con altro personale sanitario quindi il loro problema ora e’ a chi lasciare i figli. E poi hanno la preoccupazione di come gestire la famiglia, nel caso in cui si ammalassero. Insomma io mi chiedo fino a quanto potranno reggere gli infermieri in prima linea: dobbiamo trovare il modo di farli riposare e di immettere nuove risorse anche finanziarie nel sistema sanitario nazionale, che ha subito tanti tagli per tanti anni”.

Il Nursind lancia allora due proposte: “Perche’, al di la’ delle donazioni dei singoli, non si lancia una campagna di sottoscrizione, come si e’ fatto per il terremoto? Oppure perche’ non inserire nelle voci previste per l’8 per mille per il Servizio Sanitario Nazionale?”.

di Redazione AltovicentinOnline

 

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