Sono “gli occhi luminosi” degli infermieri dell’ospedale di Santorso ad avergli fatto compagnia mentre il mondo intorno sembrava spegnersi completamente, la loro “voce scintillante ed incoraggiante” a svegliarlo proprio mentre credeva sarebbe caduto nel sonno eterno e sono stati loro, bardati con tute ermetiche e scafandri pesanti a rimetterlo in piedi quando pensava non avrebbe camminato mai più.

Giorgio Sperotto, l’artista autore del Cristo sulla vetta del monte Summano, appena rientrato a casa dopo un problema di salute che gli sarebbe potuto costare la vita, ci tiene a ringraziare pubblicamente medici, infermieri e tutto il personale sanitario dell’ospedale Alto Vicentino, che proprio nel giorno in cui il reparto di geriatria veniva smontato per essere trasferito a Bassano e la Fisioterapia veniva spedita ad Asiago per fare posto al ripristino del centro covid, lo hanno rimesso in piedi, facendogli loro stessi da stampelle, e l’hanno mandato a casa.

“Persone meravigliose, professionisti instancabili, che guadagnano poco, sono preoccupati per il distacco dalle loro famiglie, eppure non mollano un attimo. Sorridono con gli occhi, che è l’unica parte del loro corpo visibile, parlano con una dolcezza che incanta e quando ho sentito qualcuno di loro ridere sonoramente, mi è scoppiata la gioia nel cuore”. Giorgio Sperotto parla al telefono, dice che la voce è rotta per gli strascichi del problema di salute, ma si sente benissimo che non è vero. Si sente chiaramente che le parole rimangono ‘strozzate’ in gola da lacrime che scendono copiose sul viso. Lacrime contagiose, di gratitudine, di devozione, di augurio. Lacrime belle, che arrivano da un cuore che non riesce a trovare parole altrettanto preziose per ringraziare “quegli angeli, che non si sono fermati un attimo nonostante fossero stremati”.

Giorgio Sperotto è un artista, un uomo sensibile, che dalla sua malattia ha voluto trarre un insegnamento positivo.

“Credo di avere avuto bisogno di un’esperienza come questa per comprendere al meglio la bellezza della mia vita e per vedere che, in questa pandemia, ci sono grandissime persone che fanno il loro lavoro con entusiasmo, senza lamentarsi mai – ha raccontato, fermandosi ogni tanto per ricacciare indietro le lacrime e riprendere fiato – Nei giorni in cui ero ricoverato nella Stroke Unit di Santorso, e poi in Geriatria, sono stato circondato da infermieri a cui voglio esprimere un ringraziamento immenso. Persone preoccupate non solo per l’andamento del virus, ma anche per la necessità di rimanere lontani da casa, isolati dai loro affetti. Ci sono giovani, molti hanno bambini piccoli che non comprendono perché la mamma o il papà non tornano a casa la sera o a fine turno. Eppure erano sempre lì, positivi e stimolanti, a trasmettermi incoraggiamenti. A me, che non sono più così giovane, hanno regalato spinte emotive che mi hanno rimesso in piedi e restituito una infinita gioia di vivere. Per questo voglio ringraziarli, a nome anche di chi non è in grado di farlo. Mentre mi risvegliavo ascoltavo le loro voci dolcissime, vedevo i loro occhi brillanti come pietre preziose. Quando hanno saputo che ero l’autore del Cristo, in molti mi hanno portato le foto di loro con la mia ‘creatura’, per invogliarmi a rialzarmi. E quella mano alzata del Cristo, quell’aspetto grintoso che ha, quel volto fiero, lo dedico a tutti loro, che sono lì a lavorare senza sosta per uno stipendio non adeguato al loro impegno. Mi sono reso conto – ha concluso – che spesso pensiamo ai malati e troppo poco a loro, che lavorano in mezzo al virus e ad altre malattie. Che soffrono perché rimangono lontani dai loro figli ma si dedicano ai malati con devozione e non dimenticano mai di sorriderci. Grazie di cuore”.

Anna Bianchini

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